“Intese, garanzia di libertà”
Gli anni Ottanta sono stati testimoni, nel nostro Paese, di una svolta decisiva nella storia dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose. Dopo un quarantennio dall’entrata in vigore della Costituzione, una parte assai importante
della Costituzione repubblicana, fino ad allora rimasta confinata sul piano dei princìpi, ha trovato finalmente attuazione sul piano sostanziale, con nuove e più solide basi del diritto di libertà religiosa delle confessioni di minoranza. Gli ebrei, con l’Intesa siglata con lo Stato nel 1987 hanno avuto la grande opportunità di veder applicati i principi fondanti del loro essere ebrei: ma è necessario chiedersi se l’intesa conclusa tra la Repubblica italiana e l’Unione delle comunità ebraiche sia riuscita nel difficile compito di rispondere alle specialissime esigenze di tutela manifestate dalla realtà ebraica in ragione delle peculiarità che da sempre la caratterizzano – tutelando, nella sostanza, non solo quella che si configura come una vera e propria «libertà religiosa intesa in senso ebraico» ma anche la stessa complessa e stratificata identità ebraica, che non si risolve nel solo elemento religioso, rispettando allo stesso tempo, la parità e l’uguaglianza dei cittadini e delle confessioni. Su questi temi l’UCEI ha organizzato un momento di riflessione all’interno del Consiglio, ritenendo il tema quanto mai attuale e necessario da discutere oggi e l’ha fatto con il contributo di Dario Tedeschi, Giorgio Sacerdoti, Roberto Mazzola e Francesco Margiotta Broglio. L’ebraismo italiano in questi trent’anni ha retto ad una sfida importante: dimostrare allo Stato e alla società che l’essere ebrei è una condizione irrinunciabile e che i diritti e l’identità ebraica così faticosamente conquistati si esplicano e si mantengono solo sedendosi paritariamente di fronte allo Stato come fa qualsiasi altro gruppo o confessione religiosa che intende tutelare e preservare le proprie specificità e il proprio essere. Certamente le criticità esistono, talune norme non sembrano sempre di facile attuabilità (penso al riposo sabbatico o durante le festività ebraiche e alla richiesta di assenza per studenti e lavoratori), si possono e forse si devono integrare eventuali vuoti, ma un punto fermo rimane: l’accordo raggiunto e siglato nel 1987 è stato uno strumento altamente democratico e necessario per superare le carenze e le criticità insite nei Regi Decreti del 1930/31. Ma l’Intesa è stata soprattuto in questi tre decenni – unitamente allo Statuto dell’ebraismo italiano che ne è il corollario integrativo e che è oggetto di continue evoluzioni o modifiche – lo strumento migliore che potessimo avere per garantire sul piano dei principi ma anche della realtà concreta i caratteri identitari dell’essere ebrei e in definitiva la libertà di essere se stessi.
Giulio Disegni, vicepresidente UCEI