“Biotestamento e Halakhah, la legge apre una nuova strada”
“È una legge che offre delle possibilità nuove, che andranno valutate caso per caso. A partire dalla loro conformità alla Halakhah, la Legge ebraica, che è e resta l’imprescindibile punto di riferimento. Starà al singolo rabbino cui sarà formulata una richiesta procedere in tal senso. E se non avrà la sufficiente preparazione su questi temi – non dimentichiamocelo, si tratta di un argomento complesso di cui non tutti sono evidentemente padroni – sarà suo compito rivolgersi a un collega esperto”.
Già vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni tiene a precisare che su alcune questioni discusse nel testo della legge sul biotestamento (approvato ieri in via definitiva al Senato con 180 voti a favore, 71 contrari e 6 astensioni) non esiste nel rabbinato ortodosso una posizione unica.
“Non c’è contrarietà a monte, ma esistono diverse condizioni che dovranno essere verificate nel momento dell’effettiva attuazione di quanto disposto. Perché la sacralità della vita è un concetto centrale e irrinunciabile, e quindi l’ipotesi di sospensione di solidi e liquidi resta fortemente avversata: significherebbe far morire di fame o di sete una persona. Al tempo stesso dobbiamo tener conto di situazioni più estreme, come nei casi di vero e proprio accanimento terapeutico nei confronti di pazienti le cui condizioni di salute risultano gravemente compromesse. È chiaro – riflette il rav – che il nostro approccio a queste situazioni non potrà non tener conto del contesto particolare in cui ci si trova ad agire”. Il principio generale, aggiunge il rabbino capo, “dovrà pertanto essere misurato con il problema specifico”.
Si tratta, conclude, di un argomento su cui ci si confronta già da tempo all’interno del rabbinato italiano. “I numeri esigui di questa minoranza fanno sì che si parli davvero di pochi casi, per fortuna. Ma è un problema sentito”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(15 dicembre 2017)