Irène Némirovsky
Ho l’impressione che si sia parlato poco in Italia di Irène Némirovsky, e sarebbe un’occasione persa se non ci affrettassimo a recuperare il tempo perduto. Per l’intanto un cenno nei riguardi di una scrittrice nata a Kiev l’undici febbraio 1903 ed uccisa ad Auschwitz il 17 agosto 1942.
Un’occasione persa perché l’orribile vicenda che la coinvolse sovrasta e supera – purtroppo, è il caso di soggiungere – la grande quantità dei suoi scritti che la videro autrice di best seller che l’industria editoriale francese le strappava, diciamo, dalle mani. Come dire che la storia della sua vita è importante quanto i suoi numerosi e pregevoli romanzi.
S’incrociavano in lei le vicende familiari e quelle ebraiche, divenute un tutt’uno anche nel rapporto difficile – per usare un eufemismo – nei riguardi della religione e della madre.
Inghiottita dal e nel male assoluto, assieme al di lei marito, le sopravvissero le due figlie, anch’esse vissute, da bambine, nel peggiore dei drammi provocati dall’occupazione nazista della Francia.
I suoi libri, a tanti anni dalla tragica scomparsa, si trovano ovunque e sono sia di grande spessore che di facile lettura. Non possiamo e non vogliamo esaurirne le vicende nell’ambito di questa rubrica odierna, ma ci ripromettiamo di riprenderle eventualmente in futuro; però fin da subito la indicherei in un ipotetico elenco di letture consigliate.
Emanuele Calò, giurista
(2 gennaio 2018)