Milano e gli slogan di piazza

bassano“Khaybar, Khaybar…” questo grido risuonava una settimana fa in una manifestazione pro-palestinese in Piazza Cavour in piena Milano “bene” (o da bere?), nel tacito silenzio di media e istituzioni. Nel video che ha fatto il giro su varie pagine Facebook, oltre alle bandiere palestinesi si vedono in lontananza anche bandiere italiane e… turche! Circostanza che dovrebbe sottolineare come i promotori della manifestazione – a quanto pare alcune associazioni islamiche e di palestinesi italiani – abbiano le idee molto chiare sui concetti di libertà, democrazia e diritti delle minoranze. L’uso poi della battaglia di Khaybar (628) all’interno della retorica anti-israeliana e antisemita, è un’altra testimonianza della lucidità degli stessi, visto che gli ebrei della tribù dei Banu Nadir erano probabilmente o autoctoni “ebraizzati” o ebrei rifugiati dalla Palestina, quindi stando a questo tipo di propaganda dovrebbero semmai essere paragonati ai palestinesi attuali “dominati”. In ogni caso, sebbene ciò tradisca probabilmente il desiderio degli inferociti manifestanti, la battaglia di Khaybar s’inserisce in un contesto di conquista territoriale più che, come è stato scritto, di “pulizia etnica” – termine anacronistico che al tempo certo avrebbe avuto scarso significato, considerando poi che gli ebrei non si differenziavano granché dagli arabi della regione, per lingua o costumi –. Le tribù ebraiche della penisola araba che non si sottomisero all’Islam, erano percepite come rivali per ragioni politico-commerciali oltre che teologiche, e l’enfasi che hanno acquistato nell’Islam politico questi duri scontri tra Maometto e gli ebrei arabici, è accresciuta soprattutto nella modernità per legittimare in chiave religiosa il conflitto arabo-israeliano e l’odio anti-ebraico. Secondo varie fonti, gli ebrei continuarono a vivere a Khaybar, anche dopo la resa dell’oasi, con però forti restrizioni e con lo statuto di Dhimmi, per poi essere espulsi poco dopo la morte di Maometto, dal califfo Omar. Beniamino di Tudela, per quanto non sempre attendibile, riporta comunque nei suoi masa’ot la presenza di ebrei a Khaybar e a Tayma, sempre nell’Hejaz, anche nel XII secolo. Queste contestualizzazioni storiche naturalmente niente tolgono alla gravità dell’episodio occorso a Milano e anzi confermano come la storia o i testi religiosi siano sempre ad uso e consumo del discorso politico contemporaneo.
Trovo poi stomachevole che spesso l’antisemitismo fascio-populista venga messo sul piatto della bilancia rispetto a quello di matrice islamista, come se chi contesta il primo sarebbe però connivente con il secondo, o viceversa, in una gara a chi denuncia o critica di più e cosa. Vero invece, che a proposito di critiche a senso unico, sembra proprio che il regime iraniano che in questi giorni sta reprimendo la propria popolazione riesca a scaldare meno gli animi e la rabbia. Forse non ci sono abbastanza slogan da intonare? Volendo ne trovo subito uno in linea con il pensiero del popolo di Piazza Cavour così affascinato dall’alto medioevo: “Nihavand, Nihavand…”.

Francesco Moises Bassano