Ahavat Israel
Si è svolto negli scorsi giorni un viaggio delle scuole ebraiche di Roma e Milano in Israele. Per la terza volta ho avuto l’occasione di accompagnare come madrich i ragazzi della scuola di Roma. I ragazzi hanno visitato il deserto del Negev, il nord, Gerusalemme e Tel Aviv. Inoltre, hanno avuto occasione di incotrare la comunità italiana di Gerusalemme e di riflettere sul futuro delle comunità ebraiche italiane. Di seguito, il riassunto di una piccola riflessione che sulla parasha di Vaichi letta a Shabbat.
Cari ragazzi,
Con la parashà di Vaichi che abbiamo appena letto, ha termine il primo libro della Torà e si chiude anche il primo grande capitolo della nostra storia: il capitolo dell’età patriarcale. Yaakov (per i romani Gnagnacovve) chiede a tutti i suoi dodici figli di riunirsi vicino a lui per benedirli e benedice ognuno con una berachà diversa.
Emerge la domanda: “Perchè Yaacov decise di benedirli in questo modo? Non poteva dare una berachà a tuti?” Questa domanda fu posta anche dai nostri Chachamim. Il rabbino italiano Obadja Sforno (Bologna 1475-1550) spiega che ognuno ha ricevuto la propria berachà secondo quello che Yaakov pensava che li fosse reso piu utile. Rashi invece, basandosi sulla parola – in plurale – אותם (loro) nel pasuk 28 che comincia in forma singolare, ritiene che Yaakov diede una berchà ad ognuno e subito dopo tutte le berachot a tutti i figli.
A mio avviso, la scelta di Yaacov di benedire ognuno in maniera diversa fu conspevole e pensata. Yaacov subbi sulla propria pelle la sofferenza causata dalla competizione e l’invidia fra fratelli, ma seppe anche che come lui ed il fratello Esav, ognuno dei suoi figli è diverso. Ognuno merita una berachà particolare e personale. Con fiducia nei propri figli Yaakov (chiamato in questa parashà anche Israel) decise di insegnare ai fratelli che le differenze non devono sempre causare odio ed invidia. Decise di insegnare una delle mitzvot piu importanti: quella della ahavàth Israel.
La stessa ahavàth Israel viene implicata sucessivamente nella parashà, quando Yaakov non è piu a vita, da Yosef, il quale rifiuta di trattare male i suoi fratelli, nonostante tutto quello che li è stato fatto.
Circa due mesi fà è mancato a Milano rav Giuseppe (Yosef) Laras. Rav Laras ZZl, come Yaacov chiese di lasciare una benedizione prima di morire e come Yaacov e Yosef in questa parashà, chiese di essere sepolto in Erez Israel. Nel suo ultimo testamento, scrive di vari argomenti su cui dobbiamo tutti interogarci, riflettere ed agire. Fra questi anche la ahavàth Israel.
“…Una delle mitzvòth più misteriose e difficili da comprendersi è quella dell’ahavàth Israel… dell’amore responsabile degli ebrei per gli altri ebrei e per l’intero popolo ebraico. Questa grandissima mitzvah deve essere riscoperta in tutta la sua forza, la sua eloquenza e la sua creatività da parte di noi ebrei italiani. La mitzvah dell’ahavàth Israel non consiste in alcun modo in un generale buonismo per cui, per amor di coesistenza, tutte le opinioni sono buone, in una prospettiva di ora in ora sempre più accomodante, specie in relazione all’osservanza religiosa. Se compresa in una prospettiva teorica, questa mitzvah rischia di sfuggirci, specie a fronte dello spirito dell’epoca. Dobbiamo invece declinarla, in relazione agli ebrei di Italia e di Eretz Israel, praticamente, concretamente…” scrive il Rav.
Carri ragazzi, le parole dell’ultimo testamento di Rav Laras non sono rivolte solo a rabbini e dirigenti comunitari. Anzi, sono rivolte a voi! Siete qui in Israele oggi, ragazzi delle scuole ebraiche delle due comunità piu’ grandi in Italia. Rav Laras parla del futuro dell’ebraismo italiano – chi se non voi, rappresenta questo futuro?
Come i figli di Yaacov (Israel) siamo tutti un po’ diversi. Ci sarà chi ricorderà da questo viaggio il verde del nord e chi ricorderà il deserto del sud; chi la vita a Tel Aviv, chi l’atmosfera tranquilla dello Shabbat a Gerusalemme ecc. Dopo quasi due settimane in Erez Israel, proviamo a comprendere ed implicare tutti la mitzvah di Ahavat Israel. Amare il prossimo non è certo un preceto facile ma infondo anche questo viaggio è fatto per farci crescere e maturare. Proviamo a conoscerci meglio in questi giorni e Impariamo ad amare non solo le città in Israele ma anche le persone. Non solo i luoghi ed il percorso ma anche i nostri compagni di viaggio.
Michael Sierra
(14 gennaio 2018)