Periscopio – La logica di Fontana
Il prossimo Giorno della Memoria, com’è noto, cadrà in prossimità temporale con la tornata elettorale del 4 marzo. E il nesso (forse nascosto, ma, a mio avviso, forte e importante) tra i due eventi è stato significativamente evidenziato dalla scelta del Presidente della Repubblica (per la quale non gli si può non rivolgere il più vivo apprezzamento) di nominare Liliana Segre Senatrice a vita: è possibile che sarà proprio questa grande italiana, in ragione della sua età, a presiedere la prima seduta del Senato della Repubblica, se deciderà di parteciparvi, come rappresentante ufficiale delle istituzioni di quello stesso stato che, ottant’anni fa, quando era una bambina di otto anni, ne calpestò vilmente la dignità di cittadina e di essere umano, anticipando una condanna a morte che solo il caso permise di evitare.
Quanto è vicina, quanto è lontana l’Italia di oggi da quella del 1938, o del 1948? Difficile dire. Se affermassimo che niente è cambiato, e che stiamo tornando esattamente da dove siamo partiti, scivoleremmo, probabilmente, nel qualunquismo (e mi pare che la categoria sia già abbondantemente rappresentata); ma se dicessimo invece che stiamo andando avanti, sulla strada del progresso, della civiltà e della democrazia, diremmo semplicemente una bugia (e anche il girone dei bugiardi, nell’odierno Inferno politico, sembra abbastanza affollato). Diciamo allora che l’Italia di oggi somiglia sempre di più a un adolescente immaturo, ricco di ormoni ma di scarso cervello, con la testa piena di chiacchiere e di confusione. Non gli piace studiare, e ancor meno andare a scuola (detesta, in particolare, la storia) e, quando è costretto ad andarci, passa tutto il tempo, di nascosto, a chattare con il telefonino. Tra i compagni di classe, rifugge come la peste quelli più seri e studiosi (i cd. secchioni), mentre ammira moltissimo i bulli, maestri di parolacce, pieni di tatuaggi e campioni (come il Gastone de “La bella e la bestia”) nelle “gare di sputo”. Sono quelli i suoi idoli, i suoi punti di riferimento.
La parola “memoria”, a questo giovanotto pieno di gel, di ‘like’ e di messaggini, piace molto poco, ogni giorno di meno. Non capisce bene cosa sia, a cosa serva, così come non capisce cosa sia il tempo che passa. Il futuro non esiste (si sente dire da tanto tempo che non troverà lavoro e non potrà mettere su famiglia, che ormai gli è passata la voglia di tutto questo), e neanche il passato (che è un grande scatolone dove sono ammucchiati alla rinfusa tanti pupazzi, di personaggi veri e di fantasia, come i vecchi giocattoli dei bambini: Giulio Cesare e Paperino, Mandrake e Mussolini, Maradona e Che Guevara: ogni tanto, stanco di giocare sempre con la playstation, il ragazzo potrà trastullarsi un po’ con qualcuno di questi, magari smontando la testa di uno e mettendola sul corpo di un altro; facile, perciò, che pensi che Hitler sia un antico vichingo, o Anna Frank una calciatrice della Roma). Cosa c’è da ricordare, e perché?
Il giovanotto è fascista, come l’Italia del ’38, o democratico, come voleva presentarsi quella del ’48? Né l’una né l’altra cosa. Fascismo e democrazia sono fenomeni storici, per appartenervi bisognerebbe almeno sapere, vagamente, cosa sono, o cosa sono stati. Ma come si fa a essere qualcosa se non si sa che cos’è? E il ragazzo odia sapere, conoscere, studiare, ragionare. Odia anche essere qualcosa. Vuole solo sentirsi dire dagli amici “dai Gastone, sei forte!”.
Nel mio pezzo di mercoledì scorso, nel dichiarare di avere accettato la timida e parziale ritrattazione di Attilio Fontana riguardo alle sue parole a difesa della “razza bianca”, avevo aggiunto che questa minuscola retromarcia gli avrebbe fatto perdere voti, a fronte dei molti che sicuramente gli avranno guadagnato le sue gagliarde e virili esternazioni. Infatti, in una successiva intervista a ‘Libero’, il candidato Governatore scrive: “È stata un’espressione infelice, ma ascoltando tutta la frase si capiva che il mio non era un discorso razzista ma logico. Tant’è che, dopo, nei sondaggi sono salito più in alto e più di una persona mi ha fermato per strada per spronarmi ad andare avanti e non mollare”. Inoltre, “quello scivolone ha fatto sì che il mio ragionamento venisse compreso immediatamente da tutti. E poi, c’è da ammettere che ha risolto in un secondo il problema di farmi conoscere”. Ma quanta timidezza, quanta titubanza, aspirante Governatore! Ma perché mai? Lei riconosce che le Sue parole Le hanno giovato in termini di consenso, ora la gente, che prima non sapeva chi fosse, vuole farsi i selfie con Lei, e certamente La voterà in massa. Perché mai sarebbero dunque state parole infelici? E poi, veramente Lei crede che, nel 2018, il razzismo sia un disvalore, mentre la logica sarebbe un valore? Ma che cos’è mai questa logica? I Suoi ammiratori la amano, la usano? Lei la ama, la usa? Sa che cos’è? Ma è proprio nato ieri, aspirante Governatore. Stia attento, che alla prossima rettifica Lei rischia veramente di perderle, queste benedette elezioni.
Francesco Lucrezi, storico