silenzio…
Le vicende della prima tragica esperienza vissuta dal popolo ebraico nella schiavitù in Egitto come ci appaiono nel racconto della Torah e nei midrashim, particolarmente in alcuni aspetti, ad esempio i metodi di persuasione utilizzati dal faraone per indurre gli egiziani ad identificare i figli d’Israele quale pericoloso nemico, le progressive tappe della riduzione in schiavitù degli ebrei, il processo di stermino, presentano significativi richiami, quasi anticipazioni di quanto conosciamo come elementi ben concreti nella tragica storia della Shoah. È quindi significativa la coincidenza per cui la data del 27 di gennaio – nel suo carattere di Giorno della Memoria – ricorra nel calendario ebraico nel periodo in cui si leggono le prime Parashot del Libro di Shemot, che ci riportano il racconto del popolo d’Israele dalla schiavitù alla libertà, fino alla Parashà di Beshallach – che leggiamo questo shabbat con il passaggio del Mar Rosso e la Shirat Hayam, il canto di ringraziamento. In questa prospettiva, per cui cerchiamo nella Torah e nelle parole dei Maestri delle possibili chiavi di lettura, con le quali confrontarci con i grandi interrogativi del nostro tempo, ritroviamo una particolare suggestione in un midrash, riferito ad un passo del Cantico che Mosè e i figli d’Israele elevano al Signore come ringraziamento per la prodigiosa salvezza. Il midrash interpreta il passo in oggetto in senso totalmente diverso dal suo significato letterale, il testo dice infatti “Mi Khamocha baelim AD. – Chi è come Te, tra i potenti, o Signore?”,(Esodo 15,11); il midrash lo interpreta come “Mi khamocha baillemim – Chi è come Te fra coloro che rimangono muti”? I Maestri ( la Mekhiltà di R. Ishmael) intendevano esprimere con questo ardito midrash lo sgomento per aver assistito alla distruzione del santuario, allo scempio compiuto dai nemici suoi luoghi più sacri, apparentemente senza che ci fosse stato alcun intervento divino per impedirlo. Il concetto del “silenzio di D.O” ritorna in alcune teorie, sviluppate nel pensiero ebraico contemporaneo, nel tentativo di individuare nell’insegnamento dei Maestri dei punti di riferimento ai quali potersi richiamare quando si tenti di confrontarsi con la Memoria della Shoah in senso ebraico. Eliezer Berkovitz ( 1908-1992), importante figura di rabbino e teologo, richiamandosi ad un passo del profeta Isaia “Invero Tu sei D.O che ti celi, D.O d’Israele che salvi” (Isaia 45,15),ha elaborato un complesso pensiero di interpretazione sulla Shoah, in cui il silenzio divino, quello che viene anche definito come “il nascondersi del Volto di D.O” è interpretato come aspetto corrispondente e quasi inevitabile rispetto al criterio di libertà dell’uomo, su cui D.O stesso ha forgiato la creazione; questo “nascondimento “ è tuttavia coordinato con un progetto di salvezza – “D.O d’Israele che salvi”- che il Signore, proprio attraverso il popolo d’Israele, non cessa di sviluppare e che si manifesta con il fatto che questo popolo, nella sua minima dimensione numerica e di forza, continui ad esistere, malgrado tutti i tentativi messi in atti per distruggerlo nel corso della storia. L’esistenza del popolo ebraico appare come la dimostrazione che D.O, anche se “silenzioso e nascosto” è tuttavia sempre presente nella storia. Secondo Berkovits, la nascita della Stato d’Israele costituisce un segno che la Sua voce torna ad udirsi e la Sua presenza a manifestarsi. Per questo molti fra noi sentono che alla realtà dello Stato d’Israele si possano riferire, sia pure ancora in una piccola misura, le espressioni del Profeta Isaia cui lo stesso midrash, che ci parla del “silenzio di D.O”, si richiama per configurare il mutare dell’atteggiamento di D.O : “Da lungo tempo sono stato silenzioso, ho taciuto, mi sono trattenuto,( ma in futuro)urlerò come donna in parto soffierò ed aspirerò ad un tempo… farò andare i ciechi in una via che non conoscevano, li indirizzerò per strade a loro ignote, trasformerò davanti a loro in luce le tenebre e i luoghi ondulati in pianura” (Isaia 42, 14-16). Anche per questo, nel sentimento che accomuna la maggior parte del popolo ebraico oggi, la negazione dello Stato d’Israele è anche negazione della Shoah.
Giuseppe Momigliano, rabbino