Memoriale di Milano – Liliana Segre:
“Osceni i rigurgiti antisemiti e razzisti”

“Mia hanno chiesto quale sia stata la mia impressione entrando per la prima volta da senatrice al Senato. E io ho ripensato alle me bambina. Dentro di me sono sempre la ragazzina scacciata dalla mia scuola in via Ruffini a Milano. Unica della classe. Ricordo come guardavo allora le porte della scuola chiuse, a me, per la sola colpa di essere ebrea. A questo ho pensato e mi ha fatto un certo effetto entrare dalla porta aperta del Senato”. A distanza di 74 anni da quando dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano fu deportata insieme al padre e assieme ad altre centinaia di persone, Liliana Segre racconta l’effetto che le ha fatto entrare al Senato da senatrice della Repubblica dopo la recente nomina del Presidente Sergio Mattarella. Ad ascoltarla, nel luogo da cui partì quel tragico 30 gennaio 1944, molti milanesi, arrivati al Memoriale della Shoah di Milano per dimostrare il proprio affetto alla Testimone della Shoah e neosenatrice e partecipare all’annuale iniziativa del ricordo organizzata al Memoriale. Al suo fianco, come accade da anni, la Comunità di Sant’Egidio che assieme a lei si impegnò a riscoprire quel binario 21 (che non è quello attuale) da cui fu deportata nel silenzio della sua città. “Come era questo posto all’inizio, prima che divenisse il Memoriale? – racconta – Era un antro buio in cui le persone venivano portante mentre la città fuori rimaneva silente, indifferente, muta”. Oggi quel luogo rappresenta la Memoria della città e, come ha ricordato il vicepresidente della Fondazione Memoriale Roberto Jarach, “rappresenta un luogo dove progettare la società del futuro, dove costruire la convivenza civile”. Jarach ha sottolineato come grazie allo stanziamento dei fondi da parte della Regione Lombardia e poi del governo (con il finanziamento firmato dal ministro della Cultura Dario Franceschini) il Memoriale potrà finalmente essere completato: “entro fine anno, o al massimo a febbraio 2019 concluderemo i lavori”. E così prenderà forma all’interno della struttura la biblioteca che accoglierà i preziosi volumi del Centro di Documentazione Ebraica di Milano che al Memoriale sposterà anche la sua sede.
E mentre sempre più milanesi visitano il Memoriale (8mila nel solo fine settimana a porte aperte, ha ricordato Jarach), il rabbino capo di Milano ha messo in guardia i presenti dall’abbassare la guardia sull’antisemitismo, che si ripresenta nuovamente con vecchie e nuove forme. “L’antisemitismo ogni volta si riadatta alle paure del momento. Dobbiamo essere capaci di non farci ingannare dalla sua finta novità perché oggi stiamo rivivendo un passato che pensavamo sepolto”. Un passato segnato dalla parola Indifferenza, ha ricordato la Testimone Liliana Segre – che ha voluto citare l’amico rav Giuseppe Laras, recentemente scomparso e dall’inizio al suo fianco nel impegno di costruire il Memoriale. Indifferenza colpevole che fu una delle cause del realizzarsi della Shoah. “Fu terribile allora e lo è ancora adesso – le parole di Liliana Segre – Per questo ho voluto che fosse posta all’ingresso del Memoriale a caratteri cubitali”. Poi sui il riemergere del razzismo e dell’antisemitismo, afferma: “parole che sembravano appartenere al passato, parole bocciate dalla storia, lavate da un futuro diverso, sono invece tornate. E io lo trovo osceno”. La preoccupazione della Testimone è che la tragedia della Shoah un giorno diventi “un capitolo su una pagina che può sfuggire al lettore”.
Poi il racconto di Alpha a riportare la lente sul presente e sulla questione dei migranti di oggi: dal palco il giovane 22enne della Guinea, studente di sociologia, racconta di come il suo governò lo imprigionò nel 2015 perché aveva partecipato a proteste di piazza. Lo torturarono. Lui e i suoi amici. “I miei genitori cercarono un avvocato ma nel mio paese non ci sono i diritti umani. E continuarono a torturarmi in prigione”. Alpha ed altri riuscirono a evadere e “l’alternativa era rimanere nel mio paese non avere un futuro, e morire, o cercare un’alternativa rischiosa”. Ovvero emigrare verso l’Europa. “Sono troppo giovane per morire, per questo sono partito”, le parole di Alpha accolte da un applauso dal pubblico presente. “Nei campi in Libia ho visto donne stuprate davanti a tutti, persone vendute come merci, picchiate”. “I militari italiani ci hanno ripescato in mare. Anche qui (in Italia) non è stato facile. Ho trovato resistenze da parte delle persone. È difficile lasciare il tuo paese e arrivare in uno in cui le persone non ti guardano neanche in faccia, in cui non c’è nessuno a dirti buongiorno. Poi ho trovato qui, al Memoriale l’ospitalità. Ho trovato l’amicizia di Sant’Egidio. Ho trovato una nuova famiglia”, ha raccontato Alpha.

d.r.