unità…
A proposito di Erdogan, Bergoglio e Noi…Il popolo ebraico giunge finalmente di fronte al monte Sinai e sta per ricevere la Torà, lo scopo ultimo dell’uscita dall’Egitto, della liberazione. “Partirono da Refidìm e giunsero nel deserto del Sinai, si accamparono nel deserto e là Israele si accampò di fronte al monte” (Shemòt, 19; 2). Rashì, il più autorevole commentatore della Torà, spiega: “Israele si accampò là come fossero un solo uomo e un solo cuore, mentre tutte le altre volte che si accamparono lo fecero con spirito di contestazione e di dissenso”. Ci troviamo di fronte a una delle più belle e famose interpretazioni di Rashì. In questo verso biblico “Partirono” è plurale come anche “giunsero” è plurale, “si accampò”, viceversa, è singolare. Ne deduciamo che solo di fronte alla Torà il popolo ebraico trova la sua unità e il suo denominatore comune. In verità, anche nel commentare il verso 10 del capitolo 14 di Shemòt, in cui si racconta degli egiziani che inseguono il popolo ebraico con obiettivi persecutori, Rashì ci dice: “Come fossero un solo cuore, un solo uomo”. Come è possibile? Dove finisce allora il mito della peculiare unità e solidarietà del popolo ebraico? Se lo vogliono anche i nostri persecutori antisemiti possono avere la stessa unità di intenti come gli ebrei di fronte alla Torà? Al di là dell’apparente tautologia, e osservando invece con attenzione, Rashì sta dicendo due cose diversissime tra loro: per gli ebrei l’ordine è “uomo-cuore”, per i persecutori egiziani è viceversa “cuore-uomo”. L’ultima parola è quella che conta; i nostri nemici hanno solo lo scopo di perseguitare gli ebrei. Al di là di questa complicità distruttiva gli antisemiti non hanno null’altro in comune. La nostra unità si basa invece su un altro movimento “uomo-cuore”. Le emozioni non possono mai costituire il punto di partenza ma si presentano piuttosto come conseguenza di un vissuto intorno a un progetto comune. Ci ritroviamo di fronte alla domanda cruciale: per quale scopo noi ebrei stiamo assieme? Rashì ci ha già risposto.
Rav Roberto Della Rocca, rabbino
(6 febbraio 2018)