Polonia, legge che falsa la Storia “È ancora possibile correggerla”
Israele “ha preso nota che il presidente polacco ha sottoposto la legge alla Corte costituzionale per chiarimenti e emendamenti”. È quanto dichiarato dal ministero degli Affari esteri israeliano dopo la decisione del presidente della Polonia Andrzej Duda di firmare la controversa legge sulle responsabilità dei polacchi nella Shoah. “Speriamo che in un tempo determinato fino a che la Corte concluda le sue deliberazioni, riusciremo a trovare un’intesa sui cambi e sulle correzioni”, prosegue il messaggio della diplomazia israeliana, che sottolinea come i due paesi “hanno una comune responsabilità di indagare e preservare la Storia della Shoah”. Prima di firmarla, il presidente Duda ha affermato – nel corso di un incontro con polacchi che hanno salvato gli ebrei durante la Shoah – che la legge è “un segnale dello Stato Polacco” per un problema che ferisce i suoi cittadini e che il punto in realtà non è punire. Il provvedimento vieta di accusare la Polonia di complicità con i crimini nazisti e proibisce anche di definire i campi di concentramento costruiti in Polonia dai nazisti come lager “polacchi”. Per chi viola la disposizione, sono previste pene pecuniarie o detentive.” Il tribunale costituzionale nella sua attuale composizione serve gli obiettivi del partito al governo… Non è assolutamente indipendente”, ha dichiarato al Washington Post Piotr Buras, capo dell’ufficio di Varsavia del Consiglio europeo sulle relazioni esterne. “Ma il rinvio del disegno di legge al tribunale era probabilmente la migliore opzione in mano al presidente polacco”. “È un segnale al pubblico internazionale, in particolare a Stati Uniti e Israele, che la parte polacca comprende la gravità del caso ed è forse pronta a porre alcuni cambiamenti. Ma segnala anche ai sostenitori interni più conservatori del partito al potere che il governo non è pronto a ritirarsi”, le parole di Buras.
Così si “mette a rischio un libera e aperta discussione sulla persecuzione degli ebrei ad opera di una parte del popolo polacco”, la denuncia delo Yad Vashem, il Museo della Shoah di Gerusalemme. “È fortemente inopportuno che, nonostante tutti i problemi creati dalla formulazione della legge e le aspre critiche che ha provocato, la Polonia – ha sottolineato lo Yad Vashem – abbia deciso di approvare questa parte di legge”. “Questa norma – ha proseguito – rischia di rendere confusa la verità storica grazie alle limitazioni che pone alle espressioni riguardo la complicità di segmenti della popolazione polacca nei crimini commessi contro gli ebrei dal suo stesso popolo, sia direttamente sia indirettamente su suolo polacco durante la Shoah”. Chiara l’analisi di Yehuda Bauer, tra i più importanti storici della Shoah e presidente onorario dell’Ihra – ente intergovernativo che si occupa di antisemitismo e Memoria che da marzo avrà presidenza italiana – che spiega l’inutilità della legge. Se è stata fatta perché i campi di sterminio in Polonia non siano chiamati “polacchi”, la questione, scrive Bauer, allora non si pone: tutti sono d’accordo che si trattava di campi tedeschi costruiti sul suolo della Polonia occupata.