Società – Rav Sacks: “Come battere i populismi”

rav sacks ted“’Questi sono i tempi’, disse Thomas Paine, ‘che mettono alla prova l’animo degli uomini’. E ora sfidano il nostro. È un momento pieno di conseguenze, per la storia dell’Occidente. Abbiamo visto elezioni laceranti, e società lacerate. Una crescita dell’estremismo in politica e nella religione, alimentato da ansietà, incertezza e paura, paura di un mondo che cambia a un ritmo quasi insostenibile, e con la sola certezza che quel ritmo aumenterà. Ho un amico, a Washington. Gli ho chiesto com’è stato vivere lì durante le recenti elezioni presidenziali. Mi ha risposto: ‘Be’, sembrava la barzelletta dell’uomo seduto sul ponte del Titanic, con un bicchiere di whiskey in mano, che dice, ‘Certo che avevo chiesto del ghiaccio ma questo è esagerato’. Ma c’è qualcosa che possiamo fare, ognuno di noi, per riuscire ad affrontare il futuro senza paura? Penso di sì”. Questo l’incipit con cui rav Jonathan Sacks, una delle voci più ascoltate dell’ebraismo contemporaneo, ha dato il via lo scorso aprile al suo Ted Talks (le celebri conferenze internazionali di divulgazione culturale e scientifica) riflettendo – tra citazioni bibliche, letterarie, filosofiche, scientifiche – sulla minaccia del populismo e su come contrastare i vari istigatori all’odio. Dodici minuti, intervallati da molti applausi, che hanno catturato l’attenzione della rete, diventando virali: oltre 1,5 milioni di persone hanno infatti guardato (fino a gennaio scorso) il video disponibile sul sito dei Ted- Talks e su Youtube. “Grazie a tutti coloro che hanno guardato e condiviso il mio video”, ha commentato il rav, già rabbino capo di Gran Bretagna, in un tweet. “Per favore continuate a diffondere il suo messaggio, è ancora molto utile mentre stiamo entrando nel 2018”, ha sottolineato Sacks. Nel suo intervento, il rabbino, autore di molti libri di successo (in italiano, Non nel nome di Dio. Confrontarsi con la violenza religiosa – Giuntina, e La dignità della differenza. Come evitare lo scontro delle civiltà, Garzanti), spiega che uno dei modi “per affrontare il futuro senza paura” è chiedersi “cosa venerano le persone?”. “La gente ha venerato moltissime cose diverse: il Sole; le stelle; le tempeste. Alcuni venerano molti dèi; altri uno; altri nessuno. Nei secoli XIX e XX, le persone hanno creduto nella nazione, nella razza ariana, nello stato comunista. E noi, in cosa crediamo? Penso che gli antropologi del futuro guarderanno ai libri che abbiamo scritto sull’auto-aiuto, l’auto-realizzazione, l’autostima. Guarderanno al modo in cui parliamo della moralità come fedeltà a se stessi, al modo in cui riduciamo la politica a una questione di diritti individuali e osserveranno questo nostro nuovo, straordinario rituale religioso. Lo conoscete? Si chiama ‘selfie’. E penso che concluderanno che la vera fede del nostro tempo sia nel sé, nel me, nell’io. E questo è fantastico. È liberatorio. Dà forza. È magnifico”. Un passaggio non senza ironia con il rav che ricorda al pubblico come in ogni caso l’uomo sia biologicamente un animale sociale. “Abbiamo trascorso la maggior parte della nostra storia evolutiva in piccoli gruppi. Dobbiamo tornare a queste interazioni faccia-a-faccia nelle quali impariamo la coreografia dell’altruismo e creiamo questi beni spirituali come l’amicizia, la fiducia, la lealtà e l’amore che alleviano la nostra solitudine. Quando abbiamo troppo ‘io’ e troppo poco ‘noi’, ci ritroviamo vulnerabili, spaventati e soli. Non è un caso se Sherry Turkle, del MIT, ha intitolato il suo libro, sull’impatto dei media sociali, Insieme ma soli. Penso quindi che il modo più semplice di proteggere il futuro ‘tu’ sia rafforzare il futuro ‘noi’ sotto tre profili: il noi delle relazioni; il noi dell’identità e il noi della responsabilità. Lasciatemi iniziare con il noi delle relazioni. E qui, perdonatemi se entro nel personale. C’è stato un tempo, molti anni fa, in cui ero uno studente universitario, ventenne, di filosofia. Mi occupavo di Nietzsche, Schopenauer, Sartre e Camus. Ero pieno di incertezze ontologiche e angosce esistenziali. Era fantastico. (Risate) Ero ossessionato da me stesso e ostinatamente scorbutico, fino al giorno in cui vidi, dall’altra parte del chiostro, una ragazza che era tutto ciò che io non ero. Irradiava luce. Emanava gioia. Scoprì che si chiamava Elaine. La incontrai. Le parlai. Ci sposammo. E 47 anni, tre figli e otto nipoti dopo, posso dire con sicurezza che fu la miglior decisione della mia vita, perché sono le persone diverse da noi a farci crescere. Ed ecco perché penso che dovremmo farlo. Il problema dei filtri di Google, degli amici di Facebook e dei media specializzati, anziché generalisti, è che siamo quasi completamente circondati da persone come noi i cui punti di vista, le opinioni, persino i pregiudizi, rispecchiano i nostri”. “E Cass Sunstein, di Harvard, – avverte il rabbino, in riferimento al noto studioso del diritto – ha dimostrato che se ci circondiamo da persone troppo affini a noi, ci radicalizziamo”. “Penso che dovremmo tornare a questi incontri faccia-a-faccia con persone diverse da noi. Penso che dovremmo farlo per renderci conto che si può dissentire fortemente e restare comunque amici. È in questi incontri di persona che scopriamo come le persone diverse da noi sono persone, proprio come noi. E a dire il vero, ogni volta che tendiamo la mano in segno di amicizia a qualcuno diverso da noi, la cui classe, o credo, o colore, sono diversi dai nostri, in realtà curiamo una delle fratture del nostro mondo ferito. È questo il noi delle relazioni”. Poi c’è il noi dell’identità: il rav spiega che i populismi attecchiscono quando l’identità di popolo si indebolisce. “In Occidente abbiamo abbandonato questa narrazione di chi siamo e perché, persino in America. E nel contempo, l’immigrazione incalza più che mai. Quando avete una narrazione, e la vostra identità è forte, – spiega il rav – potete dare il benvenuto allo straniero; ma quando smettete di raccontarla, l’identità si indebolisce e vi sentite minacciati dallo straniero. E questo è un male. Gli ebrei sono stati perseguitati, cacciati ed esiliati per 2.000 anni. Ma la loro identità ha resistito. Perché? Perché almeno una volta all’anno durante Pesach, raccontiamo la nostra storia e la insegniamo ai nostri figli, mangiamo il pane azzimo dell’afflizione e l’erba amara della schiavitù. E non abbiamo mai perso la nostra identità. Penso che, collettivamente, dovremmo ritornare a narrare la nostra storia, la storia di chi siamo, e da dove veniamo, degli ideali per cui viviamo”. E infine c’è il noi della responsabilità, conclude Sacks, che ci avverte dal diffidare da chi si presenta come un leader forte, soluzione a tutti i mali, e ci invita invece a condividere le responsabilità di fronte ai problemi. “Volete sapere una cosa? La mia frase preferita della retorica politica, ed è una frase molto americana. è: ‘Noi, la gente’. Perché ‘Noi, la gente?’ Perché afferma che tutti noi condividiamo una responsabilità collettiva verso il nostro futuro collettivo. Ed è così che le cose dovrebbero essere. Avete mai notato quanto il pensiero magico domini la politica di oggi? Ci diciamo che basta eleggere quel leader forte e lui, o lei, risolverà tutti i problemi per conto nostro. Credetemi, è pensiero magico. E poi arriviamo agli estremi: l’estrema destra, l’estrema sinistra, gli estremisti religiosi e anti-religiosi, l’estrema destra che vagheggia un’età dell’oro mai esistita, mentre l’estrema sinistra sogna un’utopia irrealizzabile e i religiosi sono convinti quanto gli atei che solo Dio, o la sua assenza, ci salverà da noi stessi. Anche questo è pensiero magico, perché le sole persone che ci salveranno da noi stessi siamo noi, le persone, Tutti noi, uniti. E quando lo facciamo, e passiamo da una politica del “me” a una politica del tutti noi insieme. riscopriamo alcune belle verità che vanno contro le aspettative: che una nazione è forte quando si cura del debole. Una nazione diventa ricca quando si cura dei poveri, diventa invulnerabile quando si cura del vulnerabile. È questo, che rende grande le nazioni”. Interrotto dagli applausi in sala, rav Sacks conclude chiedendo al suo pubblico di fare un esperimento che potrebbe “favorire l’inizio di un cambiamento mondiale. Fate un’operazione di ‘Trova e sostituisci’ nel copione della vostra mente, e ogni volta che incontrate la parola ‘auto’ sostituitela con ‘altro’. Invece di autoaiuto, aiuto dell’altro; invece di autostima, stima dell’altro. Se lo farete, inizierete a sentire la forza di quella che per me è una delle frasi più emozionanti d tutta la letteratura religiosa: ‘Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me’. Potremo affrontare senza paura qualunque futuro, finché sapremo che non saremo soli. Per il bene del futuro ‘tu’, oggi.

Pagine Ebraiche, febbraio 2018