Società – Mettersi nei panni della Storia

carneficePierre Bayard / SAREI STATO CARNEFICE O RIBELLE? / Sellerio

Con i se non si fa la storia. È un modo di dire che esiste in moltissime lingue e, potremmo aggiungere, vale sia per la storia personale sia per quella delle nazioni. Al secondo tipo di what if?”si sono dedicati negli anni studiosi di ogni genere e sono usciti libri di eccellenti divulgatori. Valga su tutti il nome di Erik Durschmied, scrittore e giornalista nato in Austria nel 1930 ma da molti anni residente in Canada. Tra i titoli più curiosi, Il generale inverno. Come i capricci del clima hanno vintole guerre ed Eroi per caso. Come l’imprevisto e la stupidità hanno vinto le guerre. Tutti però ci siamo domandati, magari in occasioni potenzialmente malinconiche come compleanni, anniversari, capodanni: «Cosa sarebbe successo se quel giorno avessi preso un’altra decisione o il caso mi avesse dato opportunità differenti?». Esercizio diverso, più complesso e compromettente, è quello fatto da Pierre Bayard, professore di letteratura francese a Parigi e scrittore, nel suo Sarei stato carnefice o ribelle? Non si tratta di considerare fatti storici più o meno vicini («cosa sarebbe successo se fosse fallito lo sbarco in Normandia?», come si è chiesto ad esempio Durschmied), né di guardare al passato e immaginare piccoli eventi che hanno cambiato le nostre vite, come accade alla protagonista di Sliding doors, film in cui si immaginano due vite parallele, determinate dalla banalità di una metropolitana presa al volo oppure persa, con le porte automatiche del titolo che si chiudono in faccia o alle sue spalle. Bayard si spinge oltre: «Cosa sarebbe stata la mia vita qualora fossi nato, come mio padre, nel 1922 e se, come lui, mi fossi trovato immerso nella tormenta della Storia?» è la domanda da cui parte. Il riferimento è al periodo più buio del secolo scorso, con l’ascesa al potere di Adolf Hitler e le nefaste conseguenze per l’Europa e il mondo. Una domanda che forse dovremmo porci tutti, a 8o anni dalla promulgazione delle leggi razziali e a poche settimane dalla celebrazione della Giornata della memoria Bayard non sceglie di darsi semplicemente una risposta sulla base di ciò che crede di sapere di sé o della storia; parte invece da situazioni concrete, ricostruite sulla base di testimonianze scritto racconti dei protagonisti dell’epoca. Come mi sarei comportato — si chiede l’autore, girando implicitamente la domanda ai lettori — se mi fossi trovato davanti al dilemma che, nel caso della sua famiglia, si poneva negli anni 40, dell’occupazione nazista della Francia? Mi sarei ribellato, mi sarei arreso, avrei collaborato con i carnefici? Ognuno può cercare una risposta: Bayard fornisce un punto di partenza (la ricostruzione storica) e alcuni strumenti legati alla psicologia umana. Non ci sono certezze né possibili prove o confutazioni, almeno finché non verrà inventata una macchina del tempo. Ma, come si legge in un passo del Talmud, «chi salva una vita salva il mondo». Frase citata anche da uno dei protagonisti del bellissimo docufllm Gli invisibiIi, che raccontale storie di quattro dei circa 7mila ebrei nascosti da cittadini o famiglie berlinesi non ebree nonostante la capitale tedesca fosse stata dichiarata Judenfrei nel 1941. Seguiamo Bayard nel suo percorso, cerchiamo di non mentire a noi stessi o di concederci il lusso, in questi tempi a tratti rabbuiati da spaventose recrudescenze razziste, di pensare che saremmo stati ribelli e salvando la vita di qualcuno, avremmo salvato la nostra, se non il mondo.

Giulia Crivelli, Il Sole 24 Ore Domenica, 11 febbraio 2018