…Montaigne

Sull’ultimo numero della Lettura del Corriere della Sera Alessandro Piperno e Donatella Di Cesare dedicano due ampi articoli alla figura di Michel de Montaigne. È sempre con un sorriso divertito che ricordo la sfida lanciata dal suo pensiero: “Quando gioco con il mio gatto, come faccio a sapere che non sia lui a passare il tempo con me, piuttosto che io con lui?” Uno scettico, Montaigne, che ha stravolto ogni dogmatismo e ogni fossilizzazione prospettica. Semplicemente amava ribaltare l’ottica tradizionale e istituzionale. Su tutto.
Donatella Di Cesare ne ricorda, alla fine del suo intervento, l’origine ebraica, marrana, da parte di madre. Non a caso, si direbbe. La madre si chiamava Antoniette de Louppes (o Lopez) de Villeneuve. Il capo famiglia, Mosè Paçagon o Patagon, convertitosi per evitare la persecuzione, aveva preso il nome di Garcia Lopez. Tre membri della famiglia, tra cui un antenato diretto di Montaigne, erano stati arsi sul rogo. Non è un caso che Montaigne punti il dito contro la barbarie della civiltà occidentale. Non è lontano il massacro degli Ugonotti (i calvinisti francesi) perpetrato dai cattolici, la notte del 23 agosto 1572: uomini, donne e bambini – non si sa esattamente quante decine di migliaia – furono sgozzati per le strade di Parigi.
E vale la pena di rileggere poche righe dagli Essais, dove Montaigne parla della cacciata degli ebrei dalla Spagna e dal Portogallo. Il re del Portogallo, in particolare, “ordinò che si strappassero dalle braccia dei padri e delle madri tutti i fanciulli al di sotto dei quattordici anni, per trasportarli in un luogo dove fossero istruiti nella nostra religione. Dicono che questo fatto producesse un spettacolo orribile, perché il naturale affetto fra padri e figli e in più l’attaccamento alla loro antica fede si opposero a questa dura sentenza. Si videro molti padri e madri darsi la morte; e, esempio ancor più crudele, gettare per amore e compassione i loro figlioletti nei pozzi per sottrarli a quella legge. Alla fine, spirato il termine che egli aveva loro fissato, non avendo altra risorsa, si sottomisero di nuovo alla schiavitù. Alcuni si fecero cristiani; e della fede di questi, o di quella della loro discendenza, ancor oggi, cent’anni dopo, pochi Portoghesi si fidano, benché l’abitudine e il passare del tempo siano consiglieri più energici di ogni altra costrizione.” (Essais, I, XIV). Non sappiamo se Michel de Montaigne sentisse il richiamo del DNA, certo è che nelle sue parole si sente ancor oggi la stretta al cuore di chi è partecipe di un dolore.

Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia