…simboli

Diciamolo, complice l’incertezza causata da una sciagurata legge elettorale, finora questa è stata una campagna elettorale in sordina. Negli ultimi giorni, però, i toni si sono alzati molto. Il podio è ancora una volta occupato da Silvio Berlusconi, che sabato scorso a Milano abbiamo ritrovato in modalità castrista, con un comizio fiume di due ore e mezza in cui sono sono riapparsi i consueti attacchi alla magistratura politicizzata, i cinque colpi di stato che avrebbero destituito i suoi governi, l’elezione diretta del Capo dello Stato, così da realizzare l’antica profezia di mamma Rosa, che una volta disse «Silvio diventerà Presidente della Repubblica». Insomma, il moderato filoeuropeista ha tolto la maschera ed è riapparso il volto del caimano. Il gradino più alto, però, spetta incontestabilmente alla carnevalata (visto che siamo a Purim!) messa in scena in Piazza Duomo, a Milano, da Matteo Salvini. Il giuramento col rosario in mano davanti alle bandiere dei suprematisti bianchi rimarrà l’immagine simbolo di una delle scene più trash mai offerte dal dibattito politico. Una scena in perfetto stile destra polacca, che, al di là della portata buffonesca, fa molto riflettere. In primis perché getta ombre assai spesse sul futuro delle minoranze religiose nel nostro Paese. Secondo, per la rara incoerenza dei protagonisti, che un tempo si sposavano con riti celtici officiati da druidi (vedi Calderoli). Terzo, per l’uso incredibilmente strumentale dei simboli religiosi. Sarebbe stata opportuna una parola della Chiesa, di silenzi ne ricordiamo già abbastanza. Che poi, ti dicono, ma a te cosa interessa, si tratta di simboli cristiani. Sì, vabbè. Allora dico che, comunque, Gesù era ebreo, per cui mi interessa!

Davide Assael, ricercatore