Gillo, Maestro d’arte e di stile

L’età non lo ha spento e il lavoro di allestimento della grande rassegna Oggi il Kitsch, che aprirà i battenti sotto la sua direzione alla Triennale di Milano fra poche settimane, il prossimo maggio, procedono spediti. Forse proprio per questo prima di incaricare Daniela Gross dell’intervista di questo mese e di avventurarmi con lei e Giorgio Albertini nella casa semplice ed elegante di Gillo Dorfles, confesso di aver attraversato qualche attimo di sperdimento. Non tanto per il mostro sacro che il grande critico dell’arte e del costume certamente è. Non tanto per la sua veneranda età che lui porta con tanta agevolezza. Nemmeno per il suo carattere affabile che poi repentinamente e senza preavviso, se ti scappa una sciocchezza, si tramuta in imbarazzanti sentenze di condanna senza appello. Forse per tutto questo assieme, o forse per la complessità di un personaggio che ha segnato oltre un secolo con il suo sguardo critico. Ho pensato così di chiedere consiglio a un comune amico, in modo che mi evitasse quei passi falsi che Dorfles non mi avrebbe mai perdonato. Ecco quello che ne ho ricavato e che, alla prova dei fatti, ci ha fatto uscire indenni da un’esperienza davvero fuori dal comune. “Prima di tutto – mi sono sentito dire – mai cedere alla tentazione di sollecitarlo a parlare della sua identità ebraica. E nemmeno della sua lunga vita personale. Delle sue origini, delle sue vicende. Dorfles lo considererebbe un gesto di cattivo gusto, ama parlare delle epoche e delle vicende, delle situazioni e delle identità in maniera impersonale, ama nascondersi dietro ai suoi giudizi critici, alla sua visione dell’arte, alla sua maestria nel classificare e condizionare i gusti. Non ama le esibizioni e gli esibizionismi. Tutta la sua vita deve essere dedotta da altri messaggi, non direttamente dal suo racconto”. “Inoltre, meglio evitare in generale tutti quei segnali che rischiano di irritare un uomo dai modi garbatissimi, ma capace anche di stroncarti con una semplice critica. Per esempio, attenzione agli abiti, ricordati di quando lo abbiamo visto incenerire al festival della Letteratura di Mantova quel povero malcapitato che uscito dal pubblico oceanico lo sollecitava a citare qualche esempio del cattivo gusto attuale. E fu incenerito in pubblico sentendosi rispondere davanti a tutti un raggelante ‘Per esempio la sua camicia’. Non è necessario che ti metta una cravatta, ma almeno evita il blu, lui è convinto sia una tinta di pessimo gusto”. Non ho potuto fare a meno di correre davanti allo specchio. Dalla testa ai piedi mi sono sentito tutto blu, un disastro. Giusto il tempo di correre ai ripari con qualcosa di beige prima di varcare la porta.

Guido Vitale, Pagine Ebraiche Aprile 2012