Orizzonti – Londra multietnica non fa sconti agli estremisti xenofobi

Non c’è soltanto la Brexit a marcare la distanza fra la Gran Bretagna e l’Europa. Londra ha steso un cordone sanitario per isolarsi dal contagio xenofobo che arriva dal Continente: e ormai rifiuta l’ingresso a chi è considerato sostenitore di idee inaccettabili. L’ultimo episodio è di questo weekend: sabato il fondatore di Pegida, il movimento tedesco anti-Islam, è stato bloccato all’aeroporto di Stansted ed espulso il giorno dopo. Luz Bachmann aveva intenzione di pronunciare un discorso allo Speakers’ Corner di Hyde Park, il luogo dove anche le opinioni più bizzarre hanno diritto di parola: ma le autorità britanniche hanno ritenuto l’iniziativa «non nell’interesse del bene pubblico» e hanno messo alla porta l’estremista. La stessa cosa era successa qualche giorno prima, quando l’attivista di destra canadese Lauren Southern era stata bloccata a Calais, dove era in procinto di recarsi in Gran Bretagna; e così anche un esponente xenofobo austriaco, Martin Sellner, si era visto arrestare all’aeroporto di Luton ed espellere il giorno dopo, sempre con la motivazione dell’interesse pubblico. Si potrebbe obiettare che Londra ha paura della libera circolazione delle idee, per quanto controverse possano essere. Ma il cuore del problema è la natura della società britannica: che è multietnica e multiculturale. Qui i neri o gli islamici non sono «gli altri», ma parte costitutiva del tessuto sociale: discorsi razzisti o islamofobi vanno dunque a minare le stesse basi della convivenza civile. E dunque non è un caso che le autorità britanniche considerino l’estrema destra una minaccia pari al terrorismo jihadista e come tale la affrontino: ci vedono un attacco ai valori fondanti della nazione. Anche il razzismo spicciolo viene represso con durezza: due studenti che avevano lanciato slogan contro i neri nella residenza universitaria sono stati sbattuti in cella senza tanti complimenti. Altrove avrebbero parlato di goliardata. A Londra non fanno sconti.

Luigi Ippolito, Corriere della Sera, 20 marzo 2018