Shir shishi – Una cosa
A volte le parole hanno un effetto davvero speciale. A sentire un israeliano che saluta con l’espressione multilinguistica, yalla–bye-ciao, lascia l’uditore un poco perplesso e sorridente. Per i nativi la mescolanza e la contaminazione tra il saluto ufficiale, shalom, e l’inserimento di idiomi vicini fisicamente e culturalmente è del tutto naturale. Una volta si diceva in arabo, Ahalan, oggi si aggiunge un pizzico di inglese e italiano. Mi ricordo ancora la prima volta che ho sentito Donatella Bassani, la mia professoressa di italiano all’università di Tel Aviv, pronunziare (si diceva così), a-sciu-ga-ma-no, le cui sillabe e l’intonazione risuonavano alle orecchie della classe, piuttosto divertita, niente po’ po’ di meno che in giapponese. Vi racconto questi episodi perché l’altro giorno mi è arrivata una mail dal poeta italo-israeliano, storico e archivista, Ariel Viterbo, con tre bellissime poesie inserite nel suo secondo libro di poesie pubblicato in Italia. Il nome assegnato al libro è Tòcchi, il che mi ha conquistato immediatamente per la sua somiglianza con la parola ebraica pa’am, cioè una volta, ma anche, battito, rintocco e passo. Infatti, i passi a cui anela il mondo ebraico sono quelli del Mashiach, pe’amei mashi’ach.
Ariel Viterbo è nato nel 1965 a Padova e a vent’anni è emigrato in Israele, mantenendo un forte legame con la sua lingua madre. Si è laureato in storia e archivistica e lavora alla Biblioteca Nazionale d’Israele, a Gerusalemme. Ha scritto per diversi anni sul mensile Shalom e a pubblicato dei saggi sulla storia degli ebrei in Italia, in particolare di Venezia e Padova e sulle figure di rav Samuele Colombo, Yoseph Colombo e Umberto Cassuto. Nel 2004 ha vinto la prima edizione del premio giornalistico Claudio Accardi, con l’articolo Le possibilità della convivenza, sulla vita in comune tra israeliani e palestinesi, apparso anche sulla rivista «Keshet», vol. IV, nn. 3-4, novembre-dicembre 2006. Dimenticarsi, il suo primo libro di poesie, è uscito nel 2010 per la GDS Edizioni, mentre Tócchi, dal quale ho scelto la poesia “Una cosa”, è stato stampato dalla Cleup di Padova nel 2014. La terza raccolta di poesie è in cerca di editore.
Volevi
ascoltarmi
cantare
l’amore vero
quello scolpito
nel cuore
da un brivido
che non mente.
Notte dopo notte
ho cercato le parole
da incollare al foglio
spezzando sillabe
unendo versi
alla luce dell’unica stella
che rimaneva accesa
fino al mattino.
Facciamo una cosa
alla volta, ti dissi
stracciando il foglio
in un’alba stanca,
ora facciamo l’amore,
dopo lo canterò.
Sarah Kaminski, Università di Torino