“Bund, socialisti atipici”

Screen Shot 2018-04-13 at 11.44.13Una serata di ricostruzione storica e di analisi politica sull’identità e sul ruolo del Bund, l’Unione Generale dei Lavoratori Ebrei di Lituania, Polonia e Russia. Ad organizzarla il Gruppo di Studi Ebraici, in compagnia di Marco Brunazzi e Claudio Vercelli, entrambi esponenti studiosi dell’Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini.
Un’occasione di studio, introduce Tullio Levi, per il Gruppo di Studi Ebraici, che tenta di riprendere le fila di un importante convegno che si era svolto sul tema nel 1984, organizzato dallo stesso Brunazzi, assieme ad Anna Maria Fubini.
La vicenda del Bund, un movimento storico oltre che politico, che si consuma nell’arco di cinquant’anni, tra fine Ottocento e gli anni ’40 del Novecento, è un’oggetto di studio poco frequentato, spiega, nonostante abbia ricoperto un ruolo non del tutto secondario all’interno delle rivoluzioni russe.
Se da un lato il Bund va analizzato all’interno del contesto russo e dell’Europa orientale, va anche legato alle ondate migratorie verso la Palestina: molti dei suoi membri scelsero l’Aliyah come possibilità per sfuggire alle repressioni zariste.
Ciò che rende il Bund un’oggetto di analisi complesso, è innanzitutto, continua Brunazzi, la difficoltà di collocarlo in categorie di analisi precostituite, proprio per via della posizione politica originale che faceva leva sì sulla mobilitazione dei lavoratori, accumunati da un’identità comune, quella ebraica, e da una lingua comune, lo yiddish, ma non poggiava le basi sull’idea di un territorio comune. Come coniugare quindi l’identità del Bund rispetto ai moti risorgimentali dell’Ottocento, dove l’idea di nazione e di insurrezione si legava inestricabilmente a quella di popolo da un lato e di territorio dall’altro? L’assenza del filo rosso territoriale, che per certi versi rappresenta la condizione cardine per poter parlate di auto-determinazione, auto-difesa e auto-governo, rende quindi il discorso sul Bund difficile da inquadrare, all’epoca per i membri della Seconda Internazionale, e in seguito per gli studi storici. “Il Bund viene quindi percepito come atipico all’interno del panorama socialista” conclude Brunazzi, ma è proprio questa sua anomalia a richiedere uno sforzo di analisi ulteriore.
Il tentativo di classificare il Bund in categorie ordinarie, rischia per certi versi di appiattire la sua specificità, dovuta tanto alle sue caratteristiche di movimento politico, quanto alle peculiarità del contesto storico in cui è sorto: il movimento, spiega Claudio Vercelli, nasce e si consuma nella prima metà del XX secolo, si costituisce nel 1897 e fa il suo ingresso nel partito social democratico nel 1898. Riveste un ruolo significativo delle rivoluzioni del 1917, poi nel 1923 il Bund sovietico viene assimilato alla sezione ebraica del partito comunista, poi sciolta nel giro di poco tempo. Diversa la vicenda del Bund polacco, la cui storia prosegue fino al 1943, fino alla rivolta del ghetto di Varsavia. Una storia che deve tenere conto di tre elementi di contesto, continua Vercelli: la specificità della Russia nella seconda meta dell’800, calderone ideologico e politico del tempo; l’ebraismo askenazita, che si estendeva dal Mar Baltico fino al Mar Nero, costituendo una vera e propria zona cuscinetto con l’Europa Occidentale. Infine il dibattito all’epoca della Seconda Internazionale, dove l’idea stessa di partito era intesa come prefigurazione della società futura.
La natura stessa del Bund può anche emergere dal confronto con il movimento sionista: Bundismo e Sionismo hanno in comune l’idea che siano le giovani generazioni il soggetto votato alla rottura dei crismi delle generazioni passate. Un altro elemento comune è il principio di anti-assimilazionismo, e ancora quello di autodifesa. Diverso invece il discorso culturale, che si fonda sul concetto linguistico: se per il Bundismo la lingua comune tra i proletari era il preesistente yiddish, per i sionisti si puntava alla costituzione dell’ebraico moderno, la lingua dei borghesi, in un’ottica di rielaborazione di una base culturale.

Alice Fubini

(13 aprile 2018)