I missili Usa contro Assad

rassegnaNella notte tra venerdì e sabato è arrivato l’annunciato attacco degli Stati Uniti – a cui hanno partecipato Gran Bretagna e Francia – contro il regime di Assad in Siria. Secondo il Pentagono i missili – oltre 100 – hanno colpito il programma di armi chimiche siriano (La Stampa). Scopo dell’attacco, fare in modo che Assad rinunci al suo arsenale chimico ma, scrive il Corriere raccontando le dinamiche dell’operazione, non è ancora chiaro se il dittatore abbia recepito il messaggio. Forte del sostegno di Russia e Iran, che hanno attaccato Washington dopo il raid, Assad ha ostentato sicurezza, facendosi ritrarre mentre passeggia per il palazzo presidenziale proprio poche ore dopo il raid congiunto guidato dagli Usa (Corriere). La partita ora dovrebbe spostarsi alle Nazioni Unite dove la tensione Russia-Stati Uniti è piuttosto alta: l’ambasciatore russo Vasily Nebenza ha dichiarato: “Questo attacco distrugge il sistema delle relazioni internazionali e rischia di destabilizzare l’area”. Parole a cui ha risposto l’ambasciatrice Usa Nikki Haley: “La Russia maneggia il potere di veto come Assad il sarin. Se la Siria userà ancora le armi chimiche, noi torneremo a colpire. Abbiamo già il colpo in canna”.

Siria, lo scontro tra Israele e Iran. Secondo Guido Olimpio (Corriere), il vero duello in Siria ora è quello tra Israele e Iran. Gerusalemme vuole convincere, spiega Olimpio, Mosca ad abbandonare l’alleato iraniano, che costituisce una minaccia vitale per Israele: “Gli attacchi periodici che Israele ha condotto contro target iraniani sul suolo siriano rispondono a esigenze tattiche e strategiche: devono far capire al Cremlino che nessuno scherza. – scrive Olimpio – Sembra difficile che Mosca possa rinunciare all’asse con Teheran, almeno nel breve, però è consapevole del pericolo. I ripetuti contatti tra lo ‘zar’ e gli israeliani lo sottolineano”. Contatti dovuti anche all’opinione di Gerusalemme rispetto all’efficacia dell’azione americana, scrive Repubblica. Secondo il quotidiano, Israele “è molto perplesso sul tipo di impegno scelto da Donald Trump, con Francia e Gran Bretagna. Un attacco che sembra occasionale, su siti chiaramente svuotati dai siriani, a fronte di un impegno politico di Usa ed Europa che rimane molto vago, così come vago è l’impegno futuro in termini militari nella partita che si continuerà a giocare in Siria”. Una partita che, secondo Fabio Nicolucci (Messaggero), propende a favore della Russia e dei suoi alleati.

L’Italia senza governo e la politica internazionale. L’Italia non è stato tra i paesi coinvolti nell’attacco al regime di Assad, ha spiegato il Primo ministro uscente Gentiloni. “Il raid a Damasco, e l’incubo di uno scontro Usa-Russia, hanno innescato un cambio di marcia nella vicenda del governo. – scrive Repubblica – Il timing è quello che il capo dello Stato aveva annunciato alla fine delle consultazioni: le decisioni fra mercoledì e giovedì (martedì è fissato il dibattito al Senato sull’attacco in Siria). Ma dà il senso di un clima pesante”. Mattarella sta sondando il terreno per la fattibilità di un governo destra-Movimento Cinque Stelle. E da destra arriva l’appello di Berlusconi sulle colonne del Corriere affinché l’Italia si doti di “un governo autorevole per una mediazione tra Stati Uniti, Mosca e Ue”.

L’Occidente contro i tiranni. Il Corriere Lettura intervista il filosofo Bernard Hènry Levy, di cui esce in Francia, L’empire et les cinq rois (“L’impero e i cinque re”, Grasset): un volume in cui Levy denuncia “un Impero, l’America, che non ha più il coraggio di difendere suoi valori”. E dall’altra parte critica chi inneggia a Putin: “Mi ricorda – dice il filosofo – quella che provavano per Mussolini e Hitler i “non conformisti” degli anni Trenta: Robert Aron, il giovane Maurice Blanchot… Gli ammiratori di Mussolini e Hitler usavano lo stesso lessico di chi loda Putin oggi. Naturalmente Putin non è Hitler o Mussolini, ma assomiglia più a loro che a Churchill”.

70 anni d’Israele secondo Yehoshua. Intervistato da La Stampa, lo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua parla di come si è arrivati alla nascita dello Stato d’Israele, di cui quest’anno cadono i 70 anni dalla creazione. “Nello Stato di Israele – spiega lo scrittore – il popolo ebraico è tornato alla storia”. Rispondendo alle domande di Elena Loewenthal, Yehoshua poi sottolinea quale a suo avviso è stato l’errore del Paese in questi settant’anni: “La cosa più grave e superflua che lo Stato d’Israele ha fatto dopo la guerra dei Sei Giorni, nel 1967, è stata la creazione degli insediamenti nel territorio palestinese della West Bank, unitamente all’annessione di Gerusalemme Est. Se cosi non fosse stato, si sarebbe potuto creare uno Stato palestinese accanto allo Stato d’Israele e stabilire tra essi rapporti pacifici, come è avvenuto con Egitto e Giordania”.

La Testimonianza di Sami. “Quell’uomo di camice bianco guardò la ragazza che era bella, forte, alta, la conoscevamo tutti a Rodi. Capì che era adatta ai lavori forzati. Ma aveva un problema: quel neonato stretto tra le braccia. Lui glielo strappò e lo gettò a terra, sulla sinistra. Lei urlò, implorò che qualcuno si occupasse del bambino. Le sue grida continuano ad apparire nei miei incubi. Se vedi una cosa del genere, non potrai mai dimenticarla”. È il racconto del Testimone Sami Modiano, raccolto dal Corriere Roma durante l’iniziativa Zikaron BaSalon, organizzata dalla Comunità ebraica di Roma in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, con Progetto Memoria e Fondazione Museo della Shoah.

Arturo Schwarz si racconta. Critico d’arte di fama, Arturo Schwarz, classe 1924, si racconta al Corriere: “sono nato ad Alessandria d’Egitto da padre tedesco di Düsseldorf e da madre milanese, Margherita Vitta, figlia di un colonnello dell’esercito italiano. Entrambi ebrei. Si conobbero lì e si sposarono. Avevo la doppia cittadinanza ma nel 1933, con l’ascesa di Hitler al potere, rinunciammo a quella tedesca e mio padre, separatosi da mia madre e trasferitosi al Cairo, mi vietò di rivolgermi a lui nella sua lingua madre. Non feci fatica: mi sentivo italiano, studiavo in scuole prima inglesi e poi francesi, e avevo una naturale repulsione perla Germania. Mio padre era influente in Egitto: aveva inventato la formula per disidratare le uova e le cipolle, dando un grande impulso alle esportazioni di un Paese esclusivamente agricolo. Nel ’38, a 14 anni, ero già trotskista. Con un paio di amici copti e uno musulmano, io, ateo, fondai la sezione egiziana della Quarta internazionale, voluta da Lev Trotskij da poco riparato in Messico. Aspetti, le mostro una reliquia che ha segnato tutta la mia lunga esistenza”.

25 aprile. “Chi offende il simbolo della Brigata Ebraica ingiuria I’intero patrimonio storico della Resistenza italiana”. Così Roberto Cenati, presidente di Anpi Milano, mentre i soliti noti propal annunciano di voler protestare contro la presenza della Brigata al corteo del 25 aprile (Giornale Milano).

Addio a Milos Forman. È morto a 86 anni nel Connecticut il regista ceco Milos Forman, due volte premio Oscar, nel 1976 per Qualcuno volò sul nido del cuculo il film con Jack Nicholson che ha raccontato il disagio degli istituti psichiatrici, e poi nel 1985 con Amadeus, due film per i quali vinse anche due Golden Globe. Nato a Caslav, in Cecoslovacchia, nel 1932, da un professore ebreo e da una madre protestante, perse i genitori nei campi di concentramento nazisti (La Stampa).

Jciak. Su Repubblica Robinson doppia intervista a due dei più noti registi contemporanei, Woody Allen e Claude Lelouch, in cui parlano – tra le altre cose – del loro rapporto con l’ebraismo.

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked