NARRATIVA Il nazifantasma delle Catacombe
Maurizio De Benedictis / UN FILO DI CORALLO ROSSO / Avagliano
Nonostante le benemerite “giornate della memoria”, va purtroppo riconosciuto che la mancata conoscenza della Storia, e in particolare della Storia contemporanea, da parte dei giovani è una vera e propria emergenza educativa. Che si traduce in un’emergenza civile. Una gran parte di quel fenomeno che si designa con l’eufemismo di “populismo”, cresciuto nelle politiche e negli elettorati di mezza Europa (compresa la Germania), dipende dall’attitudine verso l’immigrato, considerato quasi nuovo homo sacer (come nel diritto romano arcaico si designava chiunque si potesse uccidere senza commettere omicidio), cioè senza diritti civili e in pratica umani. “Vite non meritevoli di essere vissute”, come recitavano i signori in nero delle SS a proposito degli ebrei e degli altri “diversi” di allora. In una trama in originale e felice equilibrio tra fiction e puntigliosa documentazione storica, quei tempi vengono correlati al nostro presente dall’ultimo romanzo di Maurizio De Benedictis, Un filo di corallo rosso. Due giovani studiosi italiani passano, alla fine del secolo scorso, un periodo a Parigi per svolgere alcune ricerche storiche. Uno di loro incontra nelle Catacombe, ora luogo turistico dove in passato furono collocati gli scheletri di molti parigini, un vecchio tedesco che vi lavora da guida abusiva. I due fanno amicizia e a poco a poco l’uomo si confida, rievocando i tempi dell’occupazione nazista di Parigi. L’italiano scopre che quello non è stato solo un becchino, ma ha svolto un ruolo attivo nella “liquidazione” degli ebrei dentro le piccole ed efficienti “fabbriche della morte” di Belzec, Sobibor, Treblinka, divenendo il primo esperto nell’uso omicida dell’ossido di carbonio da motori diesel, mentre nella “grande industria” di Auschwitz si procedeva con l’acido cianidrico Zyklon B. Nel finale, dopo una serie di scioccanti esperienze, il giovane uscirà dall’orto accademico della sua materia, la Storia, con un gesto concreto di giustizia e sacrificio. In questa serrata narrazione di moltitudini e individui trovano posto personaggi tristemente conosciuti come Eichmann, il trasportatore degli ebrei al loro destino finale; Höss, il comandante di Auschwitz; Mengele, il medico che sperimentava sui corpi dei prigionieri. E soprattutto il poco noto Christian Wirth detto il Selvaggio, demoniaco professionista del CO2 nei campi di sterminio polacchi frenetico boia nella triestina Risiera di San Sabba: è lui il tedesco delle Catacombe. Wirth risulta ufficialmente morto nel 1945, ma, come sappiamo, tanti nazisti “morti” si scopriranno in seguito da qualche parte, magari a casa loro in Germania, ancora vivi e vegeti. Nel doppio registro di quel passato e di questo presente, il romanzo di De Benedictis martella sulle parole e sul non-detto, sugli atti reali e mancati dei personaggi dei quali si compone il mosaico umano/disumano di uno spaventoso segmento storico. Ma il bagliore di un bambino avviato alla morte che solleva in un gesto di trionfo la collanina di corallo (un portafortuna!) caduta a un coetaneo è, nell’orrore, un moto di gioiosa vittoria sui carnefici di ieri e di oggi.
Roberto Carnero, Il Sole 24 Ore Domenica, 15 aprile 2018