…Siria

Fra gli svariati messaggi che si ricevono ogni giorno dalla posta dell’Università me ne compare uno che si interroga sulla guerra in Siria e soprattutto su ‘l’attacco congiunto di USA, Gran Bretagna e Francia:’ di questi giorni. L’appello è firmato, fra gli altri, dal ‘NUR – Universitari contro l’apartheid israeliana’. E ti accorgi che Venezia è come Torino, e come molte altre sedi universitarie.
Di primo acchito, penso che non ricordo di aver ricevuto da questi studenti un appello che parlasse, prima, della politica di Assad in Siria e della strage del popolo curdo, e leggere ora il loro ‘appoggio al confederatismo democratico, all’autodeterminazione di popoli secondo un modello che, quando a democrazia, ha molto da insegnare a tutti noi’ suona un po’ fuori dal mondo. Evidentemente sono studenti molto giovani, non hanno vissuto l’epoca, non troppo lontana, delle primavere arabe e del loro tentativo di ‘autodeterminazione’. O forse non si sono mai interrogati sulle possibilità di autodeterminazione dei popoli nei paesi arabi tout court. Forse sono studenti di lettere antiche o di lingue, non hanno grande familiarità con la storia.
Poi ti chiedi come mai si occupino di Siria se il motivo del loro esistere, dichiarato dal nome che hanno assunto come gruppo, è quell’infinitesimale frammento di realtà che è ‘l’apartheid israeliana’. Avrebbero dovuto assumere, invece, il nome di ‘Universitari contro Assad e per i Curdi’ o ‘Universitari per Assad e contro i Curdi’. O ‘Universitari per/contro Assad e per/contro i curdi’. Insomma, ci si chiede di che cosa si occupino. Forse dei diritti dell’umanità, e, per loro, ‘l’apartheid israeliana’ è la madre di tutte le battaglie, epitome di ogni ingiustizia nel mondo. Così, la pagliuzza diventa una trave, e le travi vere non si vedono più. Il linguaggio non è proprio ebraico, ma rappresenta bene, in questo caso, la situazione.
Ora, chi mi conosce sa bene che sulla politica israeliana e su chi la indirizza ai nostri giorni mi sono interrogato criticamente diverse volte. Ma quando ti trovi di fronte ad atteggiamenti politici di questo genere, pur da parte di giovani idealisti alle prime armi, ancora vergini di contatto con la contraddittorietà del reale, non riesci a non pensare che la strada è costellata di antisemitismo, più o meno consapevole. Pur non convinto che la politica israeliana attuale sia un modello di perfezione da esibire al mondo, mi chiedo perché solo in relazione a Israele si formino gruppi e gruppuscoli di contrasto e di sostegno ai loro avversari (maltrattati, ma talora terroristi). Senza un minimo di spirito critico che cerchi di vedere la situazione con un pizzico di distanza. I diritti in Siria, in Venezuela, in Cina, in Russia, in Afghanistan, in Iran non hanno mai suscitato tanto interesse, tanta empatica emozione da spingere studenti di tutte le università a formare gruppi ad essi intitolati.
E ti chiedi allora a che cosa mai serva l’università, se non insegna a confrontarsi criticamente con il reale. E ti chiedi chi li appoggi questi studenti e chi li indirizzi e chi li guidi nella loro giovanile ed empatica ideologia.

Dario Calimani, Università di Venezia

(17 aprile 2018)