Periscopio – Il tic del rifiuto

lucreziTrovo triste, inutile e noioso dovere ripetere cose già dette, e avevo deciso di non commentare il caso di una nota attrice, dalla doppia cittadinanza, che ha deciso di non ritirare un certo premio conferitole da uno dei due stati di cui è cittadina, e che dice di amare, ma di cui tanto depreca le scelte politiche da non volere avere con esso niente a che fare. Ma la risonanza del gesto, e il solito modo distorto e malevolo con cui è stato riportato dai media, mi ha indotto a cambiare idea. Chiedo scusa ai miei lettori, ma, in fin dei conti, non sono io a ripetermi, è una certa categoria di intellettuali che ripete, con una certa frequenza, un tale comportamento. E dato che, probabilmente, ci saranno altri casi analoghi, rivolgo alcune banali considerazioni a tutti coloro che hanno fatto, fanno e faranno, ieri, oggi e domani, questi gesti di “gran rifiuto”.

1) Cari “rifiutatori”, voi, in quanto artisti, scrittori, attori, siete persone di cultura. Ebbene, credo che un bambino di sette o otto anni sia già in grado di distinguere tra le responsabilità di un singolo soggetto e quelle di un Paese, o di un popolo. Un bambino di quell’età capisce che un italiano e l’Italia tutta sono due cose diverse, e che, se lui ruba la marmellata, non è tutta l’Italia che deve andare in punizione, così come non sarebbe giusto che a lui non lo facciano andare al parco giochi come rappresaglia per qualcosa che avrebbe fatto il capo del suo Paese. Questo, ripeto, si capisce già in tenera età, strano che voi, che siete adulti e avete studiato, e che avete costruito le vostre fortunate e meritate carriere proprio sull’analisi delle mille sfaccettature della realtà, ve ne dimentichiate così facilmente.

2) Ma poi non è vero che ve ne dimenticate. Voi inorridireste – e io con voi – se qualcuno esprimesse disprezzo per Paesi come l’Iran, la Siria, la Turchia, il Venezuela ecc. in ragione delle politiche dei loro governanti. Se vi invitassero a ritirare un premio in uno qualsiasi di questi posti, ci andreste di corsa. Voi, con la vostra arte, siete sempre dalla parte degli uomini, delle persone vere, di cui esprimete le speranze, le sofferenze, il dolore, senza schiacciarli sotto il peso di responsabilità che non gravano su di loro. C’è un solo Paese al mondo con cui vi comportate in modo opposto.

3) Le critiche fanno sempre bene, e il governo di questo criticatissimo Paese, con tutte le sue istituzioni – Parlamento, esercito, magistratura ecc. -, come tutti, ne ha molto bisogno. Sarebbe stato umanamente possibile sopravvivere a tante guerre, a innumerevoli attentati terroristici, a quotidiani assalti con bombe, pugnali, pietre, camion ecc. provocando meno vittime tra le file dei nemici, facendo un uso, come si dice, “più proporzionato” della forza? Chi sa. Voi, con la vostra sensibilità, lo desiderereste, e sembrate graniticamente sicuri che sarebbe stato facile, e, se ciò non è accaduto, lo si è fatto apposta. Voi sareste riusciti a fare di meglio? Beati voi. A mio modesto parere, invece, qualsiasi governo al mondo avrebbe fatto peggio. Ma voi, alle forze di sicurezza di quel Paese, e al suo governo, non chiedete mai niente di meno della più assoluta perfezione. Qualsiasi atto che sia un millimetro al di sotto della pura perfezione è una terribile colpa.

4) Io ritengo che tra i compiti di un governo, delle forze armate e delle forze di sicurezza di un Paese ci sia anche quello di difendere la vita dei suoi cittadini, e voglio credere che anche voi la pensiate così. Mi pare strano, perciò, che, da quando sono nato, non abbia mai visto nessuno di voi, neanche una sola volta, criticare questo Paese per qualche mancanza sul piano della sicurezza. Anche nei periodi in cui esplodeva per le strade un autobus al giorno, facendo a pezzi decine di bambini, di madri, di anziani, non vi ho visto mai compiere gesti di protesta contro il governo di quel Paese, così crudelmente colpito, per non avere adeguatamente difeso i suoi cittadini. Ripeto, mai. Ma ogni volta che, per esercitare il proprio diritto-dovere di difesa, viene torto un capello a qualcuno degli ‘altri’, vi addolorate enormemente, e protestate in modo clamoroso. È segno di nobiltà d’animo avere tanto a cuore la vita degli ‘altri’, specie se innocenti. Ma solo la loro (e, spesso, senza fare nessuna distinzione tra innocenti e colpevoli), no.

5) Voi pensate – diversi di voi lo hanno detto esplicitamente – di volere parlare alle coscienze, di voler tenere sempre alta la considerazione dei diritti umani, dei valori di pace, umanità, compassione. Io, scusate la presunzione, credo di condividere questi valori non meno di voi, eppure temo che i vostri gesti vadano in una direzione esattamente opposta, nel momento che vanno a confondersi in un vento malefico che gonfia un’immensa bandiera nera. E, come per il vento vero, è impossibile distinguere dove nasca, dove vada a finire, quali e quante siano le bocche del dio Eolo che gli danno alimento. Voi riconoscete il soffio ‘umanitario’ del vostro “gran rifiuto”, ma vi assicuro che, dall’esterno, non si distingue affatto.

6) Per finire, una piccola domanda. Possibile che la vostra assoluta solitudine non vi dia un po’ da pensare? Non vi chiedete come mai non ci siano artisti iraniani, siriani, libanesi, malesi, in odore di ‘dissidenza’, che, ricevendo qualche premio nel loro Paese, oppongano anche loro un “gran rifiuto”? Non vi siete mai chiesto come mai ciò non accada? Il giorno in cui succederà qualcosa del genere, prometto che ascolterò le vostre motivazioni, leggerò i vostri appelli, e ci rifletterò sopra. Ma, prima di quel giorno, no.

Francesco Lucrezi, storico