Torino – A 80 anni dall’infamia
A Torino si torna a parlare di Leggi razziste. Ad organizzare il convegno “A ottant’anni dalle leggi razziali fasciste” è il Centro Culturale Protestante, assieme alla Comunità ebraica locale. Un tavolo dei relatori a due voci, quella dello storico Alberto Cavaglion, docente all’Università di Firenze, affiancata da quella di Daniele Garrone della Facoltà valdese di teologia. Ad aprire il convegno i saluti del Pastore valdese, Paolo Ribet, di Patrizia Mathieu, presidente del Concistoro della chiesa valdese, di Alda Guastalla, consigliere della Comunità ebraica e del Pastore Francesco Mosca, per l’Amicizia Ebraico-Cristiana.
1938 e 2018, celebrazioni della memoria a confronto, questo il tema affrontato da Cavaglion che, rivolgendosi alle giovani generazioni, riflette sui cambiamenti, mettendo in luce elementi insoliti, nuovi spunti di riflessione sul significato stesso delle memoria storica, una memoria che ha bisogno di poggiare le basi su un’analisi di lungo periodo: “Non si può confinare il 1938 in una nicchia storiografica, si crea un errore di prospettiva enorme e poco fruttuoso per comprendere l’oggi”. Quello che viene richiesto è uno sforzo supplementare di restituire quella pagina al processo storico del lungo periodo, processo che poggia le basi sulle cause che hanno portato alla sconfitta delle conquiste risorgimentali, spiega Cavaglion, sforzo necessario visto il cambio di paradigma delle celebrazioni: esplose a partire dalla fine del secolo, fino a giungere al rischio di saturazione odierna, “una saturazione pericolosa in un contesto dove la permanenza del pregiudizi razziali è diventata più attuale che mai, dove si assiste alla riemersione del vecchio nel contemporaneo”.
“I protestanti italiani e le leggi razziali” è invece il fulcro dell’intervento di Daniele Garrone. Un ruolo non sempre definito, un sentimento altalenante che sconfina nella zona grigia, commenta. Una zona grigia di atteggiamenti e sentimenti della comunità valdese dell’epoca, che si crea nel momento in cui la riflessione sulla “questione ebraica” si scinde dal discorso religioso (infatti la persecuzione religiosa era fortemente condannata), ma non trova il giusto appiglio nel concetto di cittadinanza. “Con il mio intervento cerco di collocare il grigiore nello sviluppo della storia, perché bisogna imparare a riconoscere la zona grigia, ancor più oggi che siamo di fronte a dei crocevia culturali e sociali” spiega Garrone. “Fare i conti con la storia, con la propria storia, è il passo verso una comprensione profonda” un atteggiamento, commenta ancora Garrone, ben lontano dall’oggi, dove la partita si gioca sul piano piano degli umori e quindi sull’emozionalizzazione.
Il convegno si è poi concluso con una riflessione sul rapporto tra le due comunità religiose di Torino, quella ebraica e quella valdese, vicine non solo geograficamente, ma accumunate molte volte da percorsi di studio comuni nelle classi delle scuole ebraiche Emanuele Artom e Colonna e Finzi. Il commento in chiusura spetta a Sonia Brunetti, ex preside ed insegnante, che ha sottolineato come l’approccio critico e l’educazione al confronto siano gli elementi caratterizzanti delle scuole ebraiche torinesi.
Alice Fubini
(6 maggio 2018)