STORIA Quei secoli di identità nascoste

marraniDonatella Di Cesare / MARRANI. L’ALTRO DELL’ALTRO / Einaudi

“La passione identitaria aveva spinto il fiero sé spagnolo, in cerca di un’integrità autentica, ad assimilare e inglobare al proprio interno l’altro, annettendolo anche a costo di annientarlo. […] Se prima l’altro era distinto e ben riconoscibile, una volta introdotto a forza nel corpo della cristianità restò altro, ma all’interno. Si andò così delineando un’alterità più sottile e complessa. Fu in parte la rivincita dell’altro sul sé, un contraccolpo inatteso.”

E’ una sottile indagine storico-filosofica quella che Donatella Di Cesare propone con “Marrani. L’altro dell’altro”, edito da Einaudi, saggio breve che, con scrittura sapiente, racconta un fenomeno che ha profondamente (e tragicamente) segnato la storia ebraica, e non solo.

Quella dei marrani è una storia di alterità rispetto ai popoli tra i quali si risiede, e ai quali si nasconde la propria fede e la propria origine, ma anche di alterità rispetto all’ebraismo, dal quale spesso (ma non sempre) ci si distacca, generazione dopo generazione, fino alla completa assimilazione.

Una storia che anticipa, di diversi secoli, l’antisemitismo di matrice razzista e le leggi antiebraiche promulgate in Europa nel ‘900: risale al 5 giugno 1449 la Sentencia-Estatuto, il documento promulgato a Toledo che enuncia le regole sulla limpieza de sangre: “insieme al concetto di purezza, individuata nel sangue e nella discendenza – scrive Di Cesare – viene introdotta l’esigenza di una difesa da ogni possibile contagio. […] Da Toledo a Norimberga il passo è breve”.

Com’è noto, il fenomeno dei marrani coinvolse anche buona parte del sud Italia: la Sicilia, la Sardegna, poi Napoli e il resto del Meridione, da dove gli ebrei saranno espulsi totalmente entro la metà del XVI secolo. E solo in questi ultimi anni è iniziata, al sud, una riscoperta di questo antico retaggio, anche per l’impegno di alcuni discendenti di famiglie marrane, il cui legame con quelle radici è sopravvissuto nei secoli.

Un insieme di vicende fatte non di sole violenze e costrizioni, ma anche di inaspettati rivoli percorsi dalla storia, se è vero, come riporta Di Cesare, che numerosi marinai sulle caravelle di Colombo erano dei conversos, e se molti di quegli ebrei e di quei “nuovi cristiani” in fuga dalla penisola iberica avrebbero fatto la fortuna di città come Amsterdam. Nel cui “brodo di coltura” sarebbe nato Baruch Spinoza, di origini portoghesi e di famiglia perseguitata, il cui “trattato teologico politico è un atto d’accusa contro il potere totalizzante”.

In alcuni passaggi di grande interesse, Di Cesare dà una lettura suggestiva dell’avvento dei marrani nella storia. “Non può essere un caso che il marranismo sia emerso come forza dirompente all’alba della modernità. E’ come se quegli ebrei espulsi nel 1492, e quei marrani fuggiti in seguito, durante la grande dispersione, fossero stati, loro malgrado, estromessi dal medioevo e proiettati in una nuova era”. E per alcuni versi il marranismo anticipa alcuni aspetti del sentire dell’uomo moderno e contemporaneo, perché “la dissimulazione inaugura l’introspezione”, scrive l’autrice.

In poco più di cento pagine che scorrono svelte, un libro che racconta un universo antropologico e uno scorcio di storia sul quale esistono alcuni studi ma, come ammesso dalla stessa Di Cesare, scarse riflessioni filosofiche, politiche e teologiche.

Marco Di Porto