MOSTRE Persecutori e perseguitati, gli sguardi

august sandersChe ci fa nelle sale del prestigioso Memorial de la Shoah di Parigi un’esposizione dedicata ad August Sander, il maggiore fotografo tedesco del Novecento? L’iniziativa, in effetti, è sorprendente, perché siamo abituati a vedere la colossale opera di Sander, le centinaia di ritratti di cittadini tedeschi, colti soprattutto negli anni decisivi di passaggio fra le due guerre, come qualcosa di molto lontano dal mondo ebraico. La mostra Persecutori/Perseguitati offre ora una risposta diversa, riconnette il lavoro di Sander alle grandi tematiche anche ebraiche del Novecento e ricolloca un mostro sacro della storia della fotografia dalla posizione di protagonista assoluto del ritratto fotografico a quella di grande artista che ha lasciato un’opera dalla valenza fortemente politica. E’ ben difficile che qualcuno, consapevolmente o meno, possa fare a meno delle immagini disseminate da Sander, possa dire di non averle viste. Raccolte nell’immensa opera Uomini del Ventesimo secolo (in parallelo a quella di Parigi, una magnifica esposizione alla galleria Westlicht di Vienna ricostruisce la parte già nota dell’opera di Sander proprio in queste settimane di maggio), dove sono raccolti oltre 500 ritratti di tedeschi appartenenti alle più diverse categorie e stati sociali, alcune di queste immagini sono uscite dall’ambito della fotografia di altissimo livello per essere diffuse con ogni mezzo, dalle copertine dei libri e dei dischi, dalla pubblicità alla comunicazione di massa. L’operaio edile con il suo carico di mattoni sulle spalle, il pasticcere nel camice bianco accanto alla grande pentola sono ormai icone incancellabili del Novecento. Questa mostra opera invece un vero e proprio capovolgimento nella lettura dei ritratti, ora non più galleria di categorie sociologiche e professionali, ma sequenza dei mostri e dei carnefici che abitarono la società tedesca di allora. Ed emergono gli ebrei che con lo sguardo dolorante tornavano nello studio del fotografo per farsi il ritratto della nuova carta di identità che doveva portare il contrassegno distintivo. E i nazisti che portano il segno, prima ancora che della ferocia, della loro mostruosa banalità. Ma vengono alla luce anche i ritratti dei prigionieri politici, dei tedeschi che dissero no e che subirono atroci persecuzioni e quasi sempre lo sterminio. Immagini ritratte dal vivo dal figlio dello stesso Sander, militante comunista, a lungo detenuto per motivi politici, fotografo ufficiale e fotografo clandestino nello stesso carcere dove nel 1943 morirà. L’ultima immagine di una esposizione indimenticabile è quella della maschera mortuaria del figlio Erich, che August Sander, a sua volta militante antinazista, conservava assieme alla sua opera di giovane fotografo, come l’ultimo, disperato lascito di una gioventù tedesca condannata a morte.

Immagini della ferita tedesca

August Sander (1876-1964) cominciò giovanissimo ad avvicinarsi al mondo della fotografia e continuò la sua opera per tutta la prima metà del Novecento mettendo assieme la più impressionante collezione di ritratti della storia della fotografia. Militante già negli anni Venti dei gruppi politici progressisti di Colonia, Sander non abbandonò mai la sua fede politica socialista e vide la sua opera negata e devastata dalla dittatura nazista. Nonostante la morte del figlio, militante comunista condannato a dieci anni di reclusione per motivi politici, che non uscirà vivo dal penitenziario, la proibizione di pubblicare i ritratti realizzati che non rispondevano alle direttive della dittatura, la distruzione della maggior parte delle lastre realizzate e la condanna a lungo oblio, la sua opera è emersa negli anni della ricostruzione come una delle più significative collezioni di immagini mai realizzate. Grazie all’impegno di molti istituti di ricerca e di Julian Sander, pronipote del fotografo e gallerista a Colonia, il significato politico dell’opera di Sander comincia ora a venire alla luce e conferisce una nuova dimensione al valore artistico di un patrimonio già molto noto e apprezzato. “L’opera di August Sander – commenta oggi Julian – è stata apprezzata per la bellezza delle immagini. È ora di comprendere anche il suo significato di denuncia sociale e di strumento per leggere una società e le sue ferite”.

Guido Vitale, Pagine Ebraiche, maggio 2018