La fatica del pensiero

Tobia ZeviAnche tra gli ebrei italiani divampa il dibattito sull’immigrazione. Perché non dovrebbe essere così, del resto, se su questa questione si giocano oggi le fortune e le sfortune politiche dei leader in Europa e forse in tutto il mondo? Perché mai gli ebrei dovrebbero essere immunizzati dall’orrore della Shoah e non provare paure e preoccupazioni che angosciano tutti gli altri cittadini?
Vorrei qui provare a elencare quattro tipi di considerazioni che ho letto in questi giorni, sulla stampa e sui social media, per provare a costruire un discorso ordinato:
1) Nel mio quartiere e nella mia città regnano ormai degrado e insicurezza. Ho paura come cittadino e come ebreo, per la mia famiglia e in particolare per i bambini. Di fronte a queste parole ritengo inutile una reazione ideologica: che assurdità, un ebreo con la memoria così corta! Piuttosto, io risponderei così: l’immigrazione è un fenomeno inevitabile e necessario per ragioni globali, demografiche ed economiche. Dunque, va gestita senza ignorare i problemi che comporta. Ai politici occorre chiedere soluzioni (che sono difficili, lente e sempre imperfette) e non slogan, che portano voti ma quasi sempre non servono ai problemi.
2) Non si possono paragonare i drammi dei migranti – che ci sono, e sono terribili, altro che “pacchia” – a quanto accaduto nella Shoah. La storia della nave S. Louis non può in alcun modo essere accostata a quella dell’Acquarius. Su questo, mi esprimerei come segue: le parole sono importanti. Per questa ragione, è evidente che paragonare le sofferenze pur indicibili dei migranti allo sterminio sistematico di un popolo è improprio oltre che culturalmente sbagliato. Tuttavia, la Memoria della Shoah deve servire a educare le generazioni che non hanno vissuto quella tragedia affinché si comportino meglio: pertanto, i germi dell’indifferenza, dell’intolleranza, della paura, del linguaggio violento devono essere riconosciuti e denunciati fin da subito, in particolare da chi ne ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze. Qui sì che noi ebrei dobbiamo essere vigili, sentinelle della democrazia e coraggiosi.
3) La straordinaria Liliana Segre ha pronunciato il Senato il suo primo discorso ufficiale. Con parole perfette ha dichiarato che non accetterà mai il ricorso a leggi speciali (contro i nomadi), perché queste minerebbero i fondamenti dello Stato democratico che le ha garantito la libertà. A questo proposito, considero sensata una posizione intransigente: gli ebrei non possono indulgere a discriminazioni contro i Rom e neppure, per ipotesi, contro i musulmani. Ciò non toglie che l’immigrazione islamica ponga enormi problemi di integrazione, e che ovviamente noi ebrei siamo preoccupati per il ripetersi e l’aumentare di atti antisemiti in moltissimi paesi europei (ultimo, l’omicidio di una ragazza di 14 anni in Germania). Ma questi rischi vanno prevenuti e affrontati con le leggi che ci sono già, perché con leggi speciali prima o poi gli ebrei ci vanno di mezzo.
4) Questa mattina sempre Liliana ha spiegato che considera l’Europa la principale responsabile della vicenda Acquarius, più del Governo in carica. E si è definita “detentrice della verità” e “democratica”, nel senso che occorre rispettare la sensibilità della maggioranza delle persone. Ci ha così ricordato che non servono spocchie o soluzioni preconfezionate. Serve la fatica del pensiero, dello studio, del dialogo e del confronto.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas