Periscopio – Edoardo Volterra

lucreziVivo interesse e grande commozione ha suscitato, nel folto e assai autorevole pubblico presente (nel quale erano presenti diversi tra i più eminenti giuristi italiani), una toccante manifestazione organizzata, lo scorso mercoledì 13 giugno, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma la Sapienza, in commemorazione di Edoardo Volterra (Roma 1904-Roma 1984), tra i massimi protagonisti della cultura, del diritto e della democrazia del secolo trascorso, che ha segnato profondamente, con la sua personale impronta di pensiero, impegno e dedizione, la storia del nostro Paese.
Le tappe salienti della straordinaria vita di Volterra (insuperabile interprete dei driitti antichi, partigiano e protagonista della Resistenza, per decenni fondamentale punto di riferimento del mondo accademico internazionale, Rettore dell’Università di Bologna nell’immediato dopoguerra [dal 1945 al 1947], attento e solerte custode, come Giudice costituzionale [dal 1973 al 1981], dei principi della nostra Carta fondamentale) sono state rievocate, oltre che negli interventi dei relatori, anche in un intenso lungometraggio, significativamente intitolato “La vita come dovere, lo studio come passione”, che ne ha egregiamente sintetizzato l’inestimabile contributo dato alla crescita dei nostri studi, alla difesa intransigente della nostra dignità nazionale, all’attiva promozione della nostra civiltà (quella vera, non quella inventata da alcuni nuovi, ringhiosi cani da guardia della “patria assediata”).
Tra i tanti aspetti della sua imponente eredità civile, morale, giuridica, culturale (tra cui gesti di incredibile e geniale coraggio: fu grazie a un astuto e spericolato inganno causidico, per esempio, che Volterra riuscì, da Avvocato, a gabbare i giudici del tribunale speciale, salvando Emilio Sereni da una certa condanna a morte), mi permetto di segnalare soltanto quello che più incisivamente ha influenzato il mio personale percorso scientifico e professionale.
In anni in cui la vasta e articolata famiglia degli storici del diritto, a livello internazionale, pur divisa su tante questioni – approcci metodologici, orizzonti di ricerca, modalità di confronto e dialogo con le discipline di diritto positivo ecc. -, appariva pressoché unanimemente concorde nel voler restare prigioniera della gabbia del cd. ‘romanocentrismo’ (ossia la tralaticia, comoda e tranquillizzante convinzione che il diritto romano fosse l’unico diritto antico meritevole di essere studiato, anzi, l’unico, tra i diritti dell’antichità, degno di questo nome, essendo tutti gli altri nient’altro che esotiche e folcloristiche eccentricità del passato, da lasciare alla cura di qualche sparuto manipolo di filologi, antiquari e archeologi), Volterra è stato tra i pochi al mondo, e tra i primissimi in Italia – e, tra questi primi, certamente il più autorevole – a spezzare questo pregiudizio, e a dimostrare alla comunità scientifica – e, dopo e attraverso di essa, a tantissime generazioni di studenti – che il diritto romano non è mai stato “figlio unico”, ma unicamente quello più forte e fortunato, per tanti motivi, di una vasta schiera di fratelli, la cui esistenza, storia e identità sono state da lui ricostruite e illustrate in pagine memorabili, che ancora oggi fanno scuola in tutto il mondo. E che, tra questi fratelli (l’egizio, il greco, il sumerico ecc.), una posizione tutta particolare occupava e occupa il diritto ebraico, che Volterra volle con forza – vincendo questa sua personale battaglia ideale – strappare all’esclusiva competenza di eruditi preti e rabbini, per renderlo oggetto di studio – studio laico, critico, scientifico – nelle aule delle Facoltà di Giurisprudenza. I suoi fondamentali studi in materia, scritti negli anni ’30, rappresentarono un salutare scossone per il sonnacchioso mondo accademico nostrano, ma, a partire dal 1938, furono sostanzialmente dimenticati, perché le leggi razziali non colpirono solo gli uomini, ma anche le loro idee e i loro libri. Ma, vinta la guerra – e vinta, ricordiamo, anche grazie all’azione dello stesso Volterra – questa sua apertura culturale avrebbe cambiato per sempre la percezione complessiva della stessa idea di storia del diritto. Volterra non se ne vantò mai, anzi, a un certo punto, distolse la sua attenzione dai diritti orientali, per dedicarsi intensamente, da par suo, allo studio di quel diritto romano ‘tradizionale’ la cui orgogliosa, presunta ‘unigenitura’ aveva personalmente contribuito a demolire.
Una sorta di ‘riparazione’, forse? Non lo sappiamo, né interessa saperlo. Tanto, il Maestro la sua battaglia – su due fronti distinti – l’aveva ormai vinta.

Francesco Lucrezi, storico