Idolatrie
La parashat Chukat può suscitare qualche perplessità. Non è la questione della mucca rossa, anzi questa pare tutto sommato semplice: si tratta di un chok appunto, una regola data dalla Torah, diversamente da altre leggi incomprensibile dal raziocinio umano, e proprio per questo da seguire per aver accettato il patto con Kadosh BaruchHu.
Neppure il fatto che Moshè sia stato punito duramente con il divieto di entrare nella Terra – forse troppo duramente, data la pazienza con cui ha sempre sopportato ed interceduto con il Signore per il popolo spesso diffidente, ostile, lamentoso, disubbidiente.
Tanto è vero che, anche qui, il popolo inizia presto a lamentarsi per la mancanza di cibo e di acqua, e viene punito dai morsi dei serpenti – serpenti velenosi, chiamati שרפים, serafim, dai morsi che bruciano la carne (BeMidbar 21,6) – racconta un midrash delle bestie le quali mordevano il popolo così ferocemente che il veleno ne bruciava le anime (L. GInzberg, Le leggende degli ebrei, V, Verso la Terra Promessa, Adelphi 2014, p. 191), un’immagine degna del XXV cantodell’Inferno, con Vanni Fucci avviluppato dai serpenti.
Quello che proprio mi sfugge, e che ad un undicenne arguto ho ammesso di non capire senza potergli quindi spiegare, è l’ordine divino di costruire, a futura memoria, un serpente di bronzo da innalzare su di un palo, da guardare in caso di morsi, per essere risanati.
Ma come, ed il divieto all’idolatria? E il peccato del vitello d’oro? E il rischio che il popolo decida di nuovo di venerare un idolo?
I Maestri si soffermano sulla ragione della scelta del serpente, o su come esso guarisse (non tanto perché lo guardavano, ma perché alzando gli occhi si rivolgevano verso il Signore).
Ma il problema dell’idolatria resta, tanto è vero che poi in effetti nel VI secolo prima dell’Era Corrente il re Ezechia del regno di Giuda lo fece distruggere perché divenuto oggetto di venerazione dal popolo che gli portava in offerta profumi (II Re 18, 4).
Forse, solo a guardare davvero con intensità il cielo, passando oltre la vista del serpente, ci si può allontanare dal rischio di essere idolatri.
Sara Valentina Di Palma