Redazione Aperta a Trieste
Migranti, vite da raccontare

Francesco Moises Bassano Guido VitaleDai confini turchi a quelli tra Bosnia e Croazia. Tante tappe per raccontare le vite e le storie di chi è costretto a lasciare la propria famiglia, la casa, il paese in cui è cresciuto, sognando di ricostruirsi una vita nel cuore dell’Europa. Attraverso i fatti e le persone, Francesco Moises Bassano ha raccontato con dei reportage – pubblicati su diversi giornali internazionali tra cui lo spagnolo El Pais – il vero volto dell’immigrazione, dando il proprio contributo a chiarire un tema troppo spesso strumentalizzato dalla retorica politica. Collaboratore del portale dell’ebraismo italiano www.moked.it e di Pagine Ebraiche, Bassano ha raccontato in occasione della decima edizione di Redazione Aperta – il laboratorio giornalistico organizzato dalla redazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in corso a Trieste – la sua esperienza in diversi campi profughi e luoghi di passaggio dei migranti. “Diversi media e politici fanno la distinzione tra il migrante che scappa dalla guerra, il migrante climatico e quello economico. In realtà queste distinzioni sono difficili da applicare perché spesso si intrecciano”, ha spiegato Bassano, sottolineando come il fenomeno delle migrazioni debba essere governato non attraverso proclami ma con vere politiche di accoglienza anche perché continuerà ancora in futuro.
Nel suo ultimo viaggio alla frontiera nord tra Bosnia e Croazia, Bassano spiega di aver trovato nella tendopoli di Velika Kladusa una inaspettata solidarietà da parte della popolazione locale ai migranti. “Gli anni delle guerre hanno portato queste persone a sviluppare maggiore empatia verso chi fugge da conflitti, violenza, fame”. Nella tendopoli, Bassano su questo Portale aveva spiegato di aver incontrato “un’umanità profondamente eterogenea: dai cristiani dell’Iran o del Pakistan, ai curdi che scappano per ragioni politiche, ai Sikh che sognano di guidare un bus a Roma, ai siriani che fuggono da Damasco, o agli africani che ormai hanno abbandonato l’attraversamento del Mediteranneo perché troppo rischioso. Etnie e religioni diverse che nonostante tutto convivono in questa precarietà così lontana da quella “pacchia” e quelle “crociere” che molti dei nostri concittadini immaginano”.