Oltremare – Hasbarà

fubiniLa parola “Hasbarà” in sé significa spiegazione. E il fatto che la usiamo per indicare quel nebuloso e spesso pericoloso mondo che sono le pubbliche relazioni dello Stato di Israele con il resto del mondo la dice lunga, lunghissima. Non è semantica, è weltanschauung. Israele non può avere un normale ministero della comunicazione, no: noi siamo ebrei e quindi comunicare non basta, noi dobbiamo “spiegare”. Solo che il numero delle cose inspiegabili è tenuto costantemente talmente alto che ci vorrebbe un esercito di spiegatori professionisti che nessuno ha pensato di addestrare. Il massimo che ci concediamo sono truppe per nulla scelte, e di norma non israeliane, che inondano i social con propaganda prodotta in quasi totale autonomia che ha come unico risultato di polarizzare ancora di più il pubblico già non informatissimo dei lettori online. Le ultime due notizie su Israele che fanno titoli sulla stampa italiana sono esempi eccellenti. La legge “nazionale” che riafferma la natura di Israele come stato nazionale degli ebrei è una di quelle cose che fanno venire l’orticaria a chiunque sia cresciuto con un po’ di consapevolezza democratica nel DNA (o perlomeno sui banchi di scuola), e parlarne al di fuori di Israele è complesso e francamente imbarazzante. L’arresto di un artista italiano – di murales ma pur sempre artista – è imbarazzante e basta. E non importa se ha dipinto l’attivista palestinese Ahed Tamimi, nella realtà insopportabile come una muta di zanzare in una notte d’estate, come una quieta e sicura madonna bionda. Importa che l’immagine di Israele come luogo in cui la democrazia non gode di ottima salute sta cominciando a emergere – anche fuori da Israele. E finché non si impara a fare comunicazione invece che spiegazione, semplici fatti invece di slogan politicizzati e post isterici, non potremo lamentarci se l’indice di gradimento di Israele sulla piazza globale scende.

Daniela Fubini