CULTURA Emma Dessau, una vita incisa nell’arte

Schermata 2018-07-31 alle 13.14.13Gabriella Steindler Moscati / LA MIA VITA INCISA NELL’ARTE / Mimesis

Aprire le pagine di un libro è un atto di sfida che può farci sentire alle soglie di qualcosa di ignoto, attraente seppur effimero, oppure come esperti scavatori della realtà pronti a cogliere riferimenti, sollecitazioni, complicità sottese, ovvietà. Si osserva con attenzione la copertina per ricordarci di capire quali siano i segni, i colori, la parola che ci attraggono: poi uno sguardo al retro, o al risguardo di copertina se vogliamo qualche notizia in più prima di decidere se valga il tempo di impilare quel libro insieme ad altri accanto al nostro tavolo, esporne la copertina allo sguardo curioso altrui o aspettare una migliore ispirazione. Oggi un nome, un titolo, possono attrarti ma anche immediatamente dirottarti alla ricerca digitata sullo schermo di un telefono, per capire (non sapendo indirizzare a sufficienza neanche più i nostri istinti) se quella parola, quel nome, quell’immagine, possano rimandare ad altro che “rinforzi” l’impulso leggero appena provato. Leggere è una vacanza faticosa, come tutte quelle che poi non si dimenticano più, oppure non è che l’avventura di un week-end, un “one-nightstand”, un giallo di non più di cento pagine, piccolo, blu. Di Emma Dessau Goitein, percorrendo il web, si trovano tante frammentarie notizie, immagini di quadri, ex-libris, brevi recensioni. Le notizie più spesso ripetute riguardano il fatto che Emma provenisse da un nucleo ebraico di stretta osservanza religiosa, il papà rabbino, un nonno apprezzato commentatore della Torah (Kesef nivhar). Queste notizie, come ami agganciati all’abito di Emma, non possono dirci nulla, in realtà, di chi fosse. Benché consci delle tante diverse declinazioni che ognuno potrebbe voler dare della propria maniera di essere, o sentirsi, ebreo, manchiamo ancora di una sinottica precisa di riferimento che ci sia di guida e conforto nello stabilire con sicurezza come altri abbiano vissuto la propria esistenza, aderendo perfettamente a un’immagine edificante, ma non nota veramente al lettore. Un lungo preambolo per poter spiegare, a coloro che non abbiano ancora letto il libro di Gabriella Steindler Moscati, quali siano i punti forti di questo libro che ha pudore di essere una biografia romanzata, ma anche di poter essere un riferimento certo per chi volesse approfondire la collocazione storica di Emma in quanto artista. “Farò la pittrice!” Questo, solo questo dice esattamente chi fosse, chi sia, Emma Goitein Dessau: questa affermazione centrale, convinta, ripetuta, espressa già nell’infanzia. Le sue opere sono sparse in più luoghi, come l’animo di steindler moscaticolei che le ha create, alcune di più in un luogo, altre, poco meno, in un altro: perché ciò che resta di importante, di concreto, di noi, tutti, è il segno trasferibile ad altri, il ricordo tangibile condiviso. Gabor Dessau, e Fanny, figli di Emma, e Gabriella Steindler, la nipote, hanno fatto dono delle opere di Emma a istituzioni pubbliche, il MAMbo di Bologna, il British Museum, il Jewish Museum di Londra, il Museo dell’Accademia di belle Arti di Perugia. Ampliando così, di fatto, la platea di coloro che avrebbero potuto conoscerla, oltre le collezioni private, oltre i fondi museali acquisiti mentre Emma era ancora in vita. Certamente la sua nascita e formazione a Karlsruhe, in Germania, quando questo significava partecipare di un centro d’attrazione culturale moderno e aperto, aveva già in sé il corso del suo futuro, affiancato all’essere un’ebrea nel secolo breve delle due grandi guerre mondiali, delle grandi ideologie a confronto, della forte spinta al rinnovamento sionista. Emma Dessau Goitein morì in una piccola città del centro Italia, nel settembre 1968: a Perugia. La città semplice, medievale, che li aveva accolti nel 1904, che fu naturalmente “provinciale”, quando ci fu il momento di riconoscersi per nazionalità e credo religioso, allontanando Bernardo dal suo lavoro, senza chiederlo. Le città italiane nelle quali Emma e Bernardo vivranno, s’intravedono nei loro scambi epistolari: a cominciare da Bologna, dove lui lavora al fianco di Augusto Righi. Gli scambi epistolari, affiancati al ricordo vivo di modi di viaggiare, di cucinare, di disporre gli abiti rituali, costituiscono il vero fil rouge di questa storia che non è storia, non è romanzo, non è biografia: perché a parlare è l’amore, la memoria diffusa, di una donna, di una letterata, la nipote Gabriella. Gabriella Steindler riesce con brevi, efficaci, descrizioni dei luoghi, dei paesaggi, dei sentimenti, a renderci il sapore di epoche e persone sparite, la tranquilla alacrità quotidiana, i viaggi avventurosi, non supportati da condizionatori, cellulari, alta velocità, notizie diffuse. Il viaggio nell’arte di Emma Goitein Dessau è fiancheggiato da quello dei sentimenti verso la sua famiglia d’origine, verso Bernardo, i suoi figli, i vicini di casa e gli insegnanti che la introdussero agli strumenti dell’arte, preclusi anch’essi alle donne. La mia vita incisa nell’arte, fa riferimento anche alla tecnica innovativa, e molto ben appresa e utilizzata da Emma, la xilografia, spesso riconoscibile proprio per i suoi primi esempi commissionati per il Congresso Sionista del 1909, per le riviste sioniste e per i molti ex-libris di amici. Il libro si interrompe lasciando intravedere il fosco fumo nero che avviluppò l’inizio della seconda guerra mondiale. Anche questo è pudore, anche questo è rimarcare “per differenza”. Personalmente credo che Gabriella ci debba ancora qualcosa, molto, di sua nonna, di Emma: che debba compiere il suo piccolo tikkun ha-olam per farcela rivedere tutta, intera, al centro della sua prospettiva di vita, verso i suoi avi e verso di noi. Ma si ha anche la sensazione di quanto la vita e storia di Gabriella Steindler stessa, con il suo Gianfranco Moscati, sia così intimamente simile e intrecciata, seppure indipendente, da quella di Emma e Bernardo. Ci conferma l’importanza della continuità nella differenza, dell’uguaglianza nella personalità.

Marisa Patulli Trythall, storica
Pagine Ebraiche, agosto 2018