Cohen’s flat
Metti una sera di quasi fine estate agostana al mare, tra un trascorso temporale pomeridiano ed un incipiente temporale notturno. Fulmini dietro i nostri eroi, nuvoloni davanti, ed intorno, beh, tra una folata di vento e l’altra, l’oscurità incalzante – non perché si stia facendo notte, vero?
Non resta che concentrarsi. Certo, meglio che essere in miniera, in fondo i nostri eroi pur sempre al mare sono. Se poi uno è bloccato dal mal di schiena e l’altro sgobba quindi per due, poco conta. Se appena arrivati l’estate sembra aver lasciato posto all’autunno, pure. Perché desiderare le comodità di casa propria, che so, una lavastoviglie, quando si possono lavare i piatti a mano? La lavatrice, un lontano ricordo, tra bavaglini impregnati di cioccolata e pagliaccetti (quale nomignolo insulso poi, come spesso nella diminuzione canzonatoria dell’infanzia) che non sorridono più sotto secche macchie incrostate, il tutto affastellato in un sacco per una lavanderia che chissà dove sarà.
Meglio abbassare gli occhi incuranti della furia degli elementi intorno, e concentrarsi su quel poco da leggere che si ha davanti, “Cohen’s flat – una pubblicazione fittomisto. Perché la vita, in fondo, non ha senso”. Questo intitola il testo stampato in esclusiva per la locanda Oceano mare, un campo all’aperto vicino ad un casolare in mezzo al nulla, stretto tra il mare che forse è da qualche parte laggiù tra noi e la pioggia, e la strada trafficata accesa da lampioni che brillano disseminati lungo il tragitto tranne che qui davanti – buio assoluto, qui: se vuoi davvero esserci, procedi alla cieca correndo tra il passaggio veloce delle automobili, ed essere mimeticamente di scuro vestiti non aiuta.
Il periodico (questo all’apparenza) offre una sequenza abbastanza surreale di ‘trafitti misti’, persone la cui esistenza si è chiusa per sbaglio scherzo fato o inganno in maniera imprevedibile, come Gina Lalapola morta asfissiata dentro ad una torta da cui sarebbe dovuta uscire ad una festa di compleanno. Il cappello recita: “Se qualcuno di voi avesse ancora dubbi sul fatto che la vita non ha senso, ecco a voi una carrellata di esempi che vi faranno riflettere sul fatto che ogni giorno che qualcuno lassù ci regala è un dono di cui godere a piene mani”.
L’orata alla griglia viene divorata velocemente prima che arrivi l’acqua, gli unici avventori a desinare in una sorta di sukkà profana siamo noi – privilegiati ad avere sulla testa, probabilmente, oltre le nuvole spesse, le stelle del cielo. Scappiamo via ridendo della solita fortuna, qui non c’è mai posto e noi ci siamo quasi appena seduti che tocca andarcene, un bambino piange per il vento forte fastidioso, e subito al riparo si placa.
Quasi quasi varrebbe la pena di correre veloci al Coen’s flat, decine di chilometri da qui, e lasciarsi alle spalle il letto scomodo, il mal di schiena ed i vestiti sporchi. Ma forse domani torna il sole, il dolore passerà, quasi quasi resto qui e mi godo il temporale dove i bambini ballano.
Sara Valentina Di Palma
(16 agosto 2018)