JCiak – Storie d’amore e di guerra

Un’adolescente cresce a Gerusalemme est con un padre fondamentalista e si prende cura di un vitellino fulvo, forse la misteriosa giovenca rossa della Bibbia, finché incontra un’amica che le cambierà la vita. Tre fratelli si ritrovano nel kibbutz dove sono cresciuti dopo la morte del padre. Il lutto li unisce ma il prossimo ritorno del più giovane in Libano, dov’è di leva, mette a confronto le loro opposte visioni del mondo. Sono le storie, così vicine ma così lontane, narrate dai due film vincitori del Jerusalem Film Festival: Red Cow-Para Aduma di Tsivia Barkai Yacov e The Dive-Hatzlila di Yona Rozenkier, presentato quasi in contemporanea al festival di Locarno.
Red Cow-Para Aduma (nell’immagine) affonda lo sguardo sulla minuscola comunità di un insediamento sorto nel cuore del quartiere arabo di Silwan. La regista Tsivia Barkai Yacov ci racconta la vita solitaria di Benny (Avigail Kovari), 17 anni, capelli rosso fuoco, che cresce orfana di madre, senza fratelli né sorelle, accudendo un vitellino rosso che un giorno potrebbe rivelarsi la giovenca della profezia.
Sarà l’incontro con Yael (Moran Rosenblatt), che presto travalica l’amicizia e si trasforma in un sentimento più intenso, a farle scoprire un’altra realtà. Yacov, nata in un un insediamento ortodosso, ritrae con delicatezza l’incalzare delle emozioni che travolgono l’adolescente. È la tempesta del primo amore che, nel caso di Benny, è ancora più dirompente perché si accompagna a un progressivo distacco dal padre e mette a rischio la sua posizione nella comunità.
Viene in mente e non potrebbe essere altrimenti, Disobedience di Sebastian Lelio, con Rachel Weisz e Rachel McAdams, tratto dall’omonimo romanzo di Naomi Alderman, che molto ha fatto discutere qualche mese fa. Fatte salve le ambientazioni molto diverse – qui la comunità ultraortodossa di Londra, lì Gerusalemme – in entrambi casi è l’amore delle donne a scardinare la struttura maschile della comunità.
Gioca su tutt’altri temi e atmosfere l’altro vincitore del festival, The Dive-Hatzlila. L’immersione del titolo è quella chiesta dal padre per seppellire i suoi resti in una grotta sottomarina. Per il suo funerale i figli – Yoav, Itai e Avishai – s’incontrano nel kibbutz al nord dove sono cresciuti e ancora vive la madre Franca, di origini italiane. Ma più del lutto, a fare da catalizzatore è il prossimo ritorno in Libano del più giovane.
In un racconto in parte autobiografico, Yona Rozenkier mette in scena il violento rituale iniziato dal padre per preparare i figli alla guerra. E mentre la violenza cresce, la distanza tra i fratelli si mostra in tutta la sua malinconia insieme al loro sguardo così diverso sul mondo e il significato di essere uomo oggi in Israele.

Daniela Gross

(16 agosto 2018)