Alexander e l’eredità in musica
Alexander Wolkovsky nacque il 2 aprile 1931 a Wilno (oggi Vilnius, Lituania), a quel tempo bastione di frontiera della Seconda Repubblica di Polonia; suo padre, il medico ebreo polacco Noach Wolkovsky, intuì il talento pianistico del figlio e lo iscrisse a una scuola di musica nel quartiere ebraico della città.
Nel frattempo scoppiò la Guerra, Wilno e Paesi Baltici furono occupati dal Reich in base al pregresso patto Molotov–von Ribbentrop del 23 agosto 1939; nel 1943 Alexander, appena dodicenne, vinse un concorso musicale indetto dallo Judenrat del Ghetto di Wilno grazie al canto Shtiler, shtiler.
Come ogni concorso di composizione, il nome e l’età del candidato erano ignoti alla giuria: sia la linea melodica che l’accompagnamento pianistico furono reputati di maestria tale che la giuria credette di aver a che fare con un compositore maturo e non già con un adolescente.
In realtà, come altre canzoni baltiche del medesimo periodo, Shtiler, shtiler paga tributo alla celebre Papyrosn della vicina Russia; le similitudini tra i due canti sono più che evidenti.
Il testo del canto fu scritto in lingua polacca dal padre Noach e ciò è fisiologico nel contesto sociale polonofono di Wilno in quel periodo; tuttavia, dopo la Guerra lo scrittore e partigiano ebreo lituano Shmerke Kaczerginski sostituì il testo originale con un testo in lingua yiddish e replicò l’operazione su numerosi altri testi in lingua polacca, del testo originale di Shtiler, shtiler non ne rimase più traccia.
Alexander Wolkovsky partecipò altresì alla categoria di composizione pianistica del medesimo concorso con il brano Temat i wariacje; tuttavia il pezzo non ottenne il medesimo plauso di Shtiler, shtiler, nel 2014 durante un nostro incontro nella sua casa di Gerusalemme (nella foto) Alexander mi confessò di aver smarrito lo spartito.
Dopo la guerra Alexander si trasferì in Israele, cambiò il suo cognome in Tamir e divenne un pianista professionista, con sua moglie Bracha Eden (morta nel 2006) formò un rinomato duo pianistico.
In base ad alcune ricerche compiute dal grande musicologo statunitense Bret Werb dello United States Holocaust Memorial Museum di Washington DC nonché per ragioni di stretta creatività musicale sulle quali sarebbe lungo soffermarsi, è molto probabile che il padre di Alexander abbia non solo steso il testo di Shtiler, shtiler ma ne abbia altresì creato la linea melodica.
È molto probabile ma ciò potrebbe non avere alcuna importanza; se Noach decise di attribuire il pezzo al figlio dodicenne lo ha fatto per mille insondabili ragioni, non ultime auspicare un futuro musicale al figlio (auspicio ampiamente realizzato) e, nell’immediato, segnalare il figlio all’attenzione dello Judenrat del Ghetto, cosa che gli avrebbe dato maggiori possibilità di salvarsi.
Infatti, il medico Noach Wolkovsky morì ucciso dalle milizie tedesche nel Ghetto presumibilmente tra agosto e settembre 1943 mentre il figlio e sua moglie si salvarono; quello che ha fatto Noach per Alexander va rispettato per sempre.
La memoria è il muscolo dello spirito e, come i muscoli fisici, può svilupparsi al punto da sollevare una montagna così come atrofizzarsi per lunga inoperosità; dipende dall’uso che ne facciamo.
Le maggiori conquiste culturali, artistiche e musicali non sono alle nostre spalle ma dinanzi a noi; abbiamo un’intera letteratura musicale da studiare, eseguire e promuovere.
Occorre pazienza, ingegno e una immensa visione del futuro affinché ciò si realizzi.
Essere ebrei potrebbe fare la differenza.
Francesco Lotoro