Setirot – Lo Stato ostile
Gian Antonio Stella recensisce sul Corriere della Sera “Il registro. La cacciata degli ebrei dallo Stato italiano nei protocolli della Corte dei Conti 1938-1943” (il Mulino, con una bella prefazione di Michele Sarfatti). Il paziente e meticoloso lavoro di Annalisa Capristo e Giorgio Fabre racconta, dà un nome e un volto e una storia agli oltre 720 italiani che furono licenziati in tronco, da un giorno all’altro, dai rispettivi impieghi pubblici: maestre, operai della Zecca, chimici, ragionieri, insegnanti di ogni grado di scuola, docenti universitari, dirigenti di carceri. I nati dalla parte sbagliata lasciavano così il posto ad altrettanti dipendenti nati di “razza giusta”, ovviamente indifferenti e più che mai silenti (salvo rarissime eccezioni) rispetto a questo “colpo di fortuna”.
Non mi stancherò mai di ripeterlo: realtà uniche e non ripetibili – si spera – per come è poi finita, per ciò che è stato. Ma ripeto anche che il clima degli anni Venti e Trenta sembra sempre più un copione a cui il potere odierno sta attingendo a piene mani. Non c’è bisogno di citare in continuazione la (a me) carissima Liliana Segre e la agghiacciante indifferenza che circonda gli orrori e le efferate cialtronerie che il nuovo governo sta compiendo.
Stella cita infine il saggio di Adriano Prosperi che accompagna “Il registro”, e riporta parole che paiono scritte guardando oggi fuori dalla finestra: «(…) “Il registro” è un libro su come muore uno Stato (…) Basta sfogliare gli atti amministrativi scoperti e pubblicati per vedere come, pagina dopo pagina e persona dopo persona, lo Stato cancelli la legge e faccia straccio delle regole con le quali era costruito il reticolo di rapporti che lo costituivano».
(4 ottobre 2018)