I Morin e i Miller

bassano“A scuola mi accorsi che la mia identità francese aveva fondamenta incerte. […] Quando dovevo spiegare da dove veniva mio padre, e parlavo di Salonicco, mi chiedevano: “ma allora è greco?” – “No, perché quando è nato, Salonicco era turca” – “Allora è turco…” – “No, era di origine spagnola” – “Allora è spagnolo!” – “No…”. Non ero in grado di indicare né di capire quale fosse la sua nazionalità d’origine: era, infatti semplicemente di Salonicco, figlio di una città imperiale non ancora parte di uno stato nazionale, e popolata per più del sessanta per cento da una comunità culturale di sefarditi”.
Questo passo estratto dal saggio autobiografico “I miei demoni” (1994) di Edgar Morin rievoca un “mondo di ieri” che chi parla di sovranismi avrebbe probabilmente difficoltà a comprendere. Il sociologo parigino – con origini che passano anche da Livorno – descrive la propria identità come duplice, ibrida, confusa, sofferta, mai del tutto accettata, quella di un ebreo non-ebreo o un non-ebreo ebreo. Tanto da definirla, dopo aver riflettuto sul proprio messanismo rivoluzionario del passato, “post-marrana”: “l’esito di una coscienza e identità duplice dell’ebreo assimilato, orfano del senso di appartenenza religiosa, ma neppure integrato davvero nel mondo dei gentili”. Qualcuno taglierebbe corto, definendo Morin semplicemente un “self-hatred jew”, specie per aver parlato di “giudeocentrismo della Shoah” o per il suo rapporto nei confronti di Israele, anafettivo e molto critico. Credo invece che Morin non abbia negato la sua eredità ebraica, ma accettato o introiettato soltanto una parte di essa, quella anti-particolarista che egli delega soprattutto agli “esclusi” e ai perseguitati della storia. Come altri, a differenza di lui, ne hanno accettato o escluse altre optando per vie intermedie, o all’estremo persino sciovinistiche. Un esempio potrebbe essere uno tra i consiglieri di Trump, Stephen Miller, – raccontato da Ian Buruma su Repubblica di mercoledì -, denunciato politicamente dal suo ex rabbino, e tacciato dallo zio, David Glosser su Politico, come “ipocrita” per aver “macchiato” le proprie origini di nipote di migranti. I Morin o i Miller, e così gli Spinoza, i Soros, i Kissinger o i Trockij, per quanto opposti e a seconda contestabili o definiti “eretici” dai detrattori, tra i propri antenati potranno vantare probabilmente rabbini, mequbalim, cantori, umili sarti, rivoluzionari, mercanti o poeti… a causa di questa eredità condivisa fanno parte dello stesso popolo, che non dissimile da altri rientra poi nella razza umana. Se esiste un vero tribunale celeste appurerà se tra questi qualcuno era in antitesi col proprio retaggio religioso o culturale, o viceversa abbia contribuito a diversificarlo.

Francesco Moises Bassano