Qui Genova – “La Torah, racconto di vita”
“Nella tradizione ebraica il racconto si ricollega sempre al Sefer Torah. Il libro che ci fa conoscere, meditare, studiare. E non è un caso se Torah significa insegnamento e fa riferimento sia a quello orale che a quello scritto”. Il racconto, ha spiegato rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova, è al cuore della tradizione ebraica, ne è un elemento vitale, “anche se come uomini non sappiamo a che punto siamo della storia”. Ne siamo protagonisti e al contempo oratori, ha spiegato il rav così come i diversi ospiti intervenuti alla Sinagoga di Genova in occasione della XIXesima Giornata Europea della Cultura ebraica, con il capoluogo ligure a fare da città capofila delle tante iniziative organizzate in tutta Italia. Un’occasione simbolica per dare un segnale di solidarietà a una cittadinanza ferita dalla tragedia del Ponte Morandi ma capace di raccontare il proprio dolore e di scegliere di costruire un racconto positivo per il proprio futuro: e un gesto concreto in questo senso arriva dall’iniziativa lanciata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane insieme alla Comunità ebraica di Genova di raccogliere fondi per delle borse di studio per alcuni ragazzi, figli delle vittime della tragedia del crollo del ponte, in modo che possano studiare.
Tornando agli appuntamenti della Giornata genovese, dopo le iniziative della mattina, ad aprire la seconda parte del programma è stata l’inaugurazione della mostra “La Razza Nemica – La propaganda antiebraica nazista e fascista”, realizzata dalla Fondazione Museo della Shoah. A presentarla, il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia, la direttrice del Museo ebraico di Genova Danièle Sulewic e uno dei curatori della mostra, lo storico Marcello Pezzetti. Qui la narrazione, hanno spiegato gli intervenuti, era quella distorta quanto efficace dei regimi nazista e fascista, capaci di mettere in modo una potente macchina di propaganda per escludere il mondo ebraico dalla società, cancellarne l’umanità e prepararne la persecuzione.
Di letteratura ebraica e israeliana hanno invece discusso Sarah Kaminski, docente di ebraico moderno all’Università di Torino e traduttrice, e Laura Salmon, docente di Lingua russa presso l’Università di Genova, moderati da David Bidussa, storico sociale delle idee. Tra gli interrogativi posti da Bidussa, l’idea se effettivamente si possa parlare di letteratura ebraica e se sì quali siano gli elementi caratterizzanti. Un interrogativo che sia Salmon sia Kaminski hanno lasciato aperto. “Primo Levi è sicuramente uno scrittore italiano ma non possiamo scinderlo dalla sua identità ebraica – ha sottolineato Kaminski – e questo vale per tanti altri autori”. Identità, lingua e narrazione sono dunque un intreccio di elementi che difficilmente sono divisibili. “Per il linguista Simon Markish – ha affermato Salmon – per identificare se un libro non in ebraico faccia parte della letteratura ebraica devono esserci tre condizioni: la coscienza dell’autore di appartenere al mondo ebraico; opportuna conoscenza della civiltà ebraica; lo scrittore rappresenta la voce della comunità ebraica in toto o di una sua parte significativa”. Kaminski ha invece ricordato il legame con la Torah per tanti autori israeliani e della Diaspora: “come Dio che aleggia sulle cose che devono ancora crearsi, così la Bibbia ispira la letteratura”.