Setirot
La sindrome degli antenati
Dice un’amica: «A te non succede, in Tempio, il giorno di Kippùr, di avere accanto, letteralmente vicini vicini, i tuoi cari che non ci sono più?». Certo che mi capita, fortissimamente, in particolare quando cantiamo Neilà o ascoltiamo la Bircàt Cohanìm. Chi ho amato e non c’è più è lì, in un grande cerchio sotto un enorme tallet, e ci stringiamo a chi ho conosciuto da bambino e poi è scomparso, a chi è stato cancellato dalla Shoah e di cui mi è stato raccontato, agli avi di cui magari ho soltanto letto in qualche libro. A coloro di cui non so nulla eppure sono me, il mio popolo, la mia gente. E quella che mi avvolge è una indescrivibile nebbiolina serena e malinconica insieme. Consapevolezza, dolore, struggimento, profondità senza sconti, irrefrenabile voglia di capire, di sapere.
Romanticherie, dirà qualcuno, sensazioni fantastiche, sogno consolatorio a occhi aperti. Non esattamente. Anne Ancelin Schützenberger, nello straordinario “La sindrome degli antenati – Psicoterapia transgenerazionale e i legami nascosti nell’albero genealogico” (Di Renzo Editore), ci spiega il mistero-che-mistero-non-è e cioè che siamo semplici anelli in una catena di generazioni, e spesso non abbiamo scelta e diventiamo vittime di eventi e di traumi già vissuti dai nostri antenati.
Stefano Jesurum, giornalista
(18 ottobre 2018)