In memoria dello zio
Una domenica mattina, la prima davvero autunnale con un sole appena tiepido nell’aria frizzante, una famigliola arranca velocemente a piedi verso il centro storico per l’evento Favole a colazione, organizzato dal Comune di Pistoia con la collaborazione di una trentina (numero notevole) di bar e locali cittadini. Ai bambini viene offerta la merenda mentre assistono alla lettura di un libro, e chi è fortunato ascolta ben due racconti, Il signor Nessuno di Joanna Concejo edito da Topipittori e Il venditore di felicità di Davide Calì pubblicato da Kite Edizioni. Il primo narra di una casa grigia, in un quartiere grigio, in una città ancor più grigia, ove tutti sono affaccendati nel proprio piccolo mondo autoreferenziale e non si accorgono gli uni degli altri, e quindi neppure del protagonista che è un omino insignificante, dall’aria dimessa, il quale in realtà svolge un lavoro importantissimo: fabbricare stelle. La seconda favola racconta invece di un piccione venditore di felicità, presso il quale tanti uccelli di specie diverse si affollano ad acquistare barattoli del prodotto in commercio, sino a scoprire che i contenitori sono in realtà vuoti. Storie da ammirare oltre che da ascoltare, Il signor nessuno per la ricchezza dei particolari illustrati (a mostrare che forse allora quella città non è poi tanto vuota e grigia, a voler cogliere quanto ha da offrire), mentre Il venditore di felicità colpisce per la preziosità della ricerca ornitologica sui protagonisti e la vastità del mondo che abita la quercia ove si svolge il racconto.
Dopo le letture, tutti i bambini confluiscono rapidamente in piazza del Duomo per un saluto collettivo di corse sfrenate, mentre lettori e genitori si incontrano, e questa è l’occasione giusta per infilarsi, giocando a nascondino, nelle sale affrescate del Comune dove è allestita la mostra Pistoia, una città sulla linea del Fronte, promossa dall’Associazione Linea Gotica Pistoiese Onlus e realizzata in collaborazione con il Comune di Pistoia.
L’allestimento colpisce l’attenzione dei giovani visitatori, accattivante nel presentare non tanto materiale di repertorio quali frammenti di bombe, medaglie e divise militari, quanto per la ricostruzione in diorami di scenari bellici di diverso tipo (dal canotto di salvataggio dell’aviazione statunitense ai militari sciatori) e soprattutto per l’appassionata visita guidata, calibrata a misura di bambino, in cui sono mostrati loro, tra i vari reperti, un telefono proveniente da un sottomarino restaurato e funzionante, ed alcune gavette americane dal design moderno e soprattutto funzionale, che permetteva di unire recipienti e bicchiere reggendoli con una mano sola per potersi servire comodamente alla mensa.
Gli adulti sono invece avvicinati da un signore che, nel corso della conversazione, li mette a conoscenza di essere nipote di padre Cipriano Ricotti.
Domenicano, superiore del convento di San Marco, padre Ricotti era stato convocato il 20 settembre 1943 dall’Arcivescovo di Firenze, il quale si era assicurato la sua disponibilità per aiutare i profughi ebrei in difficoltà. Ricotti era stato a sua volta contattato da Matilde Cassin, collaboratrice di Raffaele Cantoni e poi del rabbino capo di Firenze Nathan Cassuto, su suggerimento del professor La Pira, al quale la Cassin si era rivolta in cerca di aiuto per i profughi. Nacque così una sorta di comitato di soccorso clandestino che contava tra i propri membri (oltre alla Cassin e a Cassuto) le sorelle Lascar, Josef Ziegler ed il parroco di Varlungo don Leto Casini. Costoro riuscirono in pochissimo tempo a trovare una ventina di istituti religiosi che nel complesso ospitarono centinaia di persone, lavorando febbrilmente sino allo scioglimento del gruppo con la retata del 26 novembre 1943, avvenuta in seguito a delazione per opera del finto interprete di Ziegler – un certo Ischio, all’apparenza molto rispettabile, a causa del quale Cassuto fu deportato e morì, mentre il delatore fu poi processato nel dopoguerra solo in contumacia.
Il signore mostra dal suo telefonino una foto dell’albero piantato a Gerusalemme in memoria dello zio, dichiarato Giusto nel 1972, e si commuove raccontando come l’immagine gli sia stata inviata da una coppia israeliana incontrata per caso alcuni anni prima proprio nella stessa piazza dove sta rievocando la figura di padre Ricotti. Aveva sentito questi turisti parlare ‘una lingua strana’, incuriosito aveva chiesto loro da dove venissero, e dopo aver raccontato loro la storia di padre Ricotti durante la Shoah aveva con loro iniziato una lunga corrispondenza epistolare. “Da Israele mi hanno inviato questa foto dell’albero che reca il nome dello zio”, racconta, e poi mi spedivano sempre gli auguri per le loro feste, un bellissimo rapporto nato così, per caso”. Di andare in aereo in Israele non se ne parla, ha paura di volare, ma chissà, forse un giorno. Piange, si schermisce, saluta e rincasa per pranzo, si è fatto tardi.
Anche la famigliola si avvia verso casa, mentre i bambini commentano un po’ stupiti la vicenda del signore che piangeva. A ben guardare la città non è vuota dice uno. E la felicità non è già dentro ai barattoli, decidiamo noi come riempirli.
Sara Valentina Di Palma