Qui Torino – In dialogo con Primo Levi

IMG-20181025-WA0007“Io sono uno che ha bisogno di comunicare molto, se non riesco a comunicare soffro, ho bisogno di parlare o scrivere, avere se possibile una comunicazione ad andata e ritorno”. Dialoghi è il tema scelto per la decima Lezione Primo Levi, tenutasi nell’aula magna della Cavallerizza Reale di Torino. Dialoghi coniugato al plurale, perché infiniti sono gli studenti con cui Levi si è interfacciato nel ruolo di testimone della Storia, perché diversificati e stratificati tra le generazioni e i paesi del mondo sono i lettori con cui il Primo scrittore ha creato e continua a creare un canale di comunicazione.
Ma si tratta di dialoghi intesi come ponti per costruire relazioni e scambi? O di dialoghi come metodo didattico? O ancora come modalità di conversazione interiore? Queste le domande che hanno guidato l’intervento del relatore della Lezione del 2018, Fabio Levi, docente di storia contemporanea dell’Università di Torino e direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi. Un intervento intervallato dalla voce dell’attrice Francesca Rolfi, che ha scandito la lezione con letture sparse tratte dalle opere di Primo.
Il dialogo testimone-studenti, così come il dialogo autore-lettore, spiega Fabio Levi, vede prevalere lo scambio tra le diverse coppie di attori coinvolti. Uno scambio, il primo, che è avvenuto tra i giovani nel ruolo di intervistatori e Levi in quello dell’intervistato. Il tutto si è poi tradotto in un’appendice alla lettura di Se questo è un uomo, nell’edizione del 1976. Primo infatti si recava nelle scuole non con l’intento di tenere una lezione, anzi, lui stesso si presentava come chimico disponibile a rispondere a chiunque avesse avuto qualche cosa da chiedergli. Accettava qualsiasi domanda: come scienziato, come testimone, come uomo tra molti. Il tutto avveniva nel pieno rispetto dell’interlocutore di cui assumeva spesso il punto di vista, aiutandolo a ragionare con chiarezza e garbo. Secondo Levi infatti, il dialogo era lo strumento in grado di mettere i ragazzi in comunicazione con se stessi, per capire la differenza di sensazioni e consapevolezza tra la fase di domanda e il momento della risposta. “Io credo della ragione e nella discussione come supremi strumenti di progresso”, affermava Levi.
L’analisi del relatore Fabio Levi, si sposta poi sul Primo autore di libri e sulla scrittura intesa, alla pari del dialogo diretto, come canale per insegnare a pensare: “Con i suoi libri Primo raggiunge una platea molto più vasta e ha la possibilità di poter parlate a più generazioni, pur senza vederne il volto”. Due le opere letterarie chiamate in cause: l’opera primogenita, Se questo è uomo e il suo ultimo lavoro, I sommersi e i salvati. Proprio in quest’ultimo, ciò che viene messo davanti a chi legge è una folla tumultuosa di personaggi, una modalità per offrire ai lettori i diversi casi e le implicazioni morali tratte dalla fitta trama di pensieri dei protagonisti. In Se questo è uomo invece, ciò che analizza Fabio Levi, è la presenza in contemporanea di più registri narrativi: alla descrizione cruda e lineare che mette il lettore di fronte all’inevitabile, si alterna il discorso del sé stesso deportato. Per poi trascinare il lettore accanto a specifici personaggi, colti nella loro indimenticabile individualità. A questi si sommano ancora altri registri: la trama del percorso disegnato dall’autore nel lager, una trama che lascia spazio alle sensazioni, abbandonando ad intermittenza la precisa descrizione dei fatti. Si sprofonda nella dimensione onirica: ad essere ogni tanto descritti sono i sogni dei deportati. Poi lo scrittore trascina il lettore in salti che dal passato lo portano al presente. E poi ancora in una dimensione sospesa, come se l’autore invitasse il suo pubblico ad osservare il lager da fuori, dall’alto. Infine l’ultimo registro, la poesia che precede la prosa. Il risultato? Il lettore riemerge dall’ambiguità del lager, portandosi dietro più domande che risposte, così come vuole suggerirci il titolo stesso dell’opera leviana.
L’analisi della componente dialogica così concepita, non può tuttavia esaurirsi in una monodimensionale scelta di metodo, ma va semmai considerata come una nuova traccia da seguire, una nuova via che si può percorrere tenendo a mente l’essenza dello stesso Levi, “ibrido” e “centauro”.

Alice Fubini