Immagini – Kertész

Ruggero_GabbaiIl grande fotografo ungherese André Kertész è stato un pilastro della storia della fotografia. Kertész nasce in una famiglia ebraica di Budapest e già da ragazzo inizia a fotografare; una passione che lo accompagna anche durante il servizio militare nella prima guerra mondiale, dove si ferisce ad una mano. Nonostante l’infortunio, Kertèsz continua a ritrarre la realtà che lo circonda con le sue fotografie. A metà degli anni Venti si trasferisce a Parigi ed entra in contatto con i maggiori artisti che all’epoca fra le due guerre mettono le basi per l’arte moderna, stringe amicizia con Man Ray, e con i fotografi Eugine Adget e Cartier Bresson.
La sua fortuna, sarà quella di emigrare a New York, inizialmente con l’intenzione di stabilirvisi solo per un anno, poi però ci resterà per il resto della sua una vita ottenendo anche la cittadinanza americana. Lo stile artistico di Kertèsz, pure essendo intrinsecamente legato alle sue origini europee, si adatta allo stile del fotogiornalismo americano, che aveva dettami di realismo ben codificati dove la realtà doveva essere raccontata “come” era vista dal fotoreporter. Con poche libertà per l’interpretazione personale, l’immagine doveva essere la rappresentazione dell’evento e non tanto la visione dell’occhio del fotografo. Iniziò a fotografare per Harper’s bazar e Vogue ma non per Life magazine che pubblicava all’epoca il puro reportage. Kertèsz invece aveva una vena artistica molto sensibile alle vicende anche interiori dell’animo umano. Come quando si ferì in guerra anche a New York fu costretto a restare malato nel suo appartamentino che si affacciava su Washington Square park. Proprio in questa occasione inizia a realizzare dei ritratti di sua moglie attraverso la luce della finestra pubblicando uno straordinario libro “from my window”.
KerteszQuest’ultima raccolta testimonia come la creatività trovi i canali per esprimersi anche di fronte ai limiti e alle difficoltà. Ho sempre pensato che nell’arte l’assoluta libertà non porti al massimo della creatività e spesso le limitazioni politiche, fisiche e spaziali hanno fatto sì che l’artista creasse delle strategie di comunicazione per sormontare queste difficoltà. Non è un caso che molti artisti famosissimi sono dissidenti, rifugiati e spesso dei perseguitati. La scuola di artisti fotografi dell’est Europa ne è un esempio e Andrè Kertés non fa eccezione. Questi artisti hanno lasciato un’eredità di rigore dell’inquadratura e dell’uso della luce che ancora oggi riesce a influenzare straordinari lavori come il recente film ungherese “1945” di Ferenc Török (presto in programmazione al Franco Parenti di Milano grazie a Amata) sul ritorno di due ebrei ortodossi che arrivano nel loro villaggio d’origine subito dopo la Shoah. I film riesce a mantenere una forte tensione anche attraverso una splendida fotografia in bianco e nero ci fa immediatamente pensare alla visione del reale del grande fotografo André Kertész che predicò con infinita consapevolezza Che la fotografia è la traccia lasciata dalla luce su un supporto sensibile , proprio come la scrittura è il segno dell’inchiostro che comunica le sensazioni e i pensieri dell’autore.

Ruggero Gabbai

(28 ottobre 2018)