Pittsburgh, ancora solidarietà

L’attenzione del mondo ancora puntata su Pittsburgh, dove si sono svolti i funerali delle vittime dell’attentato alla sinagoga conservative Tree of Life e dove una veemente contestazione ha accolto il presidente Donald Trump, la moglie Melanie, la figlia Ivanka e il genero Jared Kushner. L’accusa rivolta da migliaia di manifestanti raccoltisi nei pressi della sinagoga, tra cui diversi membri della congregazione, è di aver contribuito in prima persona a fomentare l’odio che attraversa la società americana. Durissime le parole di Abraham Foxman, storico direttore dell’Anti-Defamation League, che in una intervista con il Times of Israel ha affermato: “Trump è un demagogo e una minaccia per la democrazia”. Dal canto suo il presidente ha ribadito il proprio impegno contro l’antisemitismo. “Nessuna tolleranza”, ha detto.
Proseguono intanto le iniziative di solidarietà in tutta l’Italia ebraica. Domani alle 19 l’appuntamento è al Tempio Maggiore di Roma, per un momento di raccoglimento che si svolgerà alla presenza dell’ambasciatore Lewis Eisenberg.
“Forse non ce ne rendiamo conto, ma nei meandri oscuri del web tanti riescono a trovare la propria casa. Non si tratta di Facebook o Twitter, anche se spesso quello che leggiamo o vediamo lì ci fa venire il voltastomaco. In giro c’è molto, molto di peggio. Quello che dobbiamo capire, tutti, è che non possiamo tollerare in alcuna forma l’incitamento all’odio” il monito lanciato nelle scorse ore da rav Ariel Di Porto, rabbino capo di Torino.
“Lo scorso shabbat – ha affermato il rav nel corso di una cerimonia in sinagoga – svariate centinaia comunità in tutto il mondo, e anche noi qui a Torino, hanno partecipato allo Shabbat project. Un’iniziativa volta a fare apprezzare lo Shabbat a quante più persone possibile. Mentre noi ragionavamo, durante il pranzo di Shabbat, sulla figura di Abramo, al quale si ispirano tre religioni monoteistiche, al suo amore per il prossimo, al suo coraggio nel negoziare per scongiurare la distruzione di Sodoma, la cruda realtà ci ha ricacciato in un mondo molto diverso da quello in cui ci trovavamo”.
“Anche l’America, che ospita l’ebraismo diasporico più numeroso e vitale – ha poi sottolineato – si è riscoperta antisemita. Con il senno di poi si poteva immaginare: gli episodi di antisemitismo nel 2017 sono aumentati del 57%, e, fatto ancora più preoccupante, gran parte dell’aumento ha riguardato le scuole e i campus universitari, luoghi di cultura e di crescita personale. Non che da noi vada meglio. Gli studenti, anche in America, iniziano ad avere paura di identificarsi come ebrei”.
Essere ebrei, il suo messaggio, vuol dire saper vivere dall’altra parte della barricata. “Non ci piacerà, ma è il nostro destino. In questo momento, e per il futuro, dobbiamo farci forza. Dobbiamo divenire forti, puntare su di noi, senza fare affidamento a destra, sinistra, e tutte le illusioni alle quali ci siamo affidati”.
L’invito del rav Di Porto è a “puntare su di noi”. E per farlo è necessario “rafforzare la scintilla che è nei nostri cuori, alimentarla attraverso i valori della nostra Torah che nei secoli ci ha ispirato.”
“La nostra Torah è un etz chayim, un albero di vita. Noi, come ebrei – ha concluso il rav – dobbiamo sempre scegliere la vita”.
Si mobilita tra gli altri anche l’American Jewish Committee, attraverso un messaggio della responsabile delle attività giovanili Seffi Kogen: “La risposta migliore a una così atroce violazione della santità di una sinagoga è quella di esortare tutti gli ebrei americani a cercare un rifugio spirituale nelle loro. E a farlo con orgoglio e senza paura”.
#ShowUpForShabbat, il titolo della campagna Ajc. “Dovremmo riempire le panche delle sinagoghe il prossimo Shabbat. Alzare le nostre voci in preghiera, dare ascolto ai nostri rabbini e celebrare con i nostri amici”.

(31 ottobre 2018)