…genocidi

“Chi mai metterebbe in discussione che l’antigiudaismo mutato in ‘antisemitismo’ rimanga la tela di fondo di quella catastrofe?” si chiede Georges Bensoussan indagando la genealogia della Shoah nel volume “Genocidio. Una passione europea”, pubblicato in Italia da Marsilio. “Ma questo presupposto”, continua lo storico francese, “non esclude uno sguardo più ampio: come comprendere, per esempio, i massacri del 1941 [la fucilazione sul posto in Polonia, Unione Sovietica e Paesi baltici, da parte di reparti speciali tedeschi, le Einsatzgruppen, di circa un milione e mezzo di persone, in larga maggioranza ebrei] senza fare riferimento al programma T4 [il piano della Germania nazista, parzialmente realizzato, di eliminazione delle persone con disabilità mentali]? Come capire le leggi di Norimberga, emanate nel 1935, senza fare riferimento agli statuti spagnoli sulla limpieza de sangre del XV secolo? Ma lo stesso vale per la legge sudafricana che proibiva le relazioni sessuali tra neri e bianchi. Amputata del proprio terreno fertile, senza antecedenti, ma non senza radici, la storia della Shoah diventa un fatto di essenza quasi metafisica, la cui commemorazione, lungi dal reintegrare gli ebrei nella famiglia umana dalla quale i loro assassini avevano preteso di escluderli, li tiene ancor più distanti”. Indispensabile quindi considerare la distruzione degli ebrei d’Europa per quello che è: “un fatto storico”. In quest’ottica lo stesso Bensoussan, nel volume citato, fa emergere le analogie (e le differenze) con un genocidio del Novecento poco noto, quello compiuto dalla Germania del Secondo impero, negli anni 1904-1907, nei confronti degli herero nell’Africa del Sudovest, attuale Namibia. Il Kaiser, acclamato dalla destra del Reichstag, per l’occasione “fece sapere che i precetti cristiani non dovevano essere applicati ai pagani e ai selvaggi”. L’esecutore sul campo, generale von Trotha, sul suo diario di guerra è ancora più chiaro: “Io penso che la nazione herero [circa 80.000 persone] in quanto tale debba essere distrutta, oppure se non è tatticamente possibile, espulsa dal territorio con ogni mezzo […] Penso che sia più appropriato che questa nazione muoia […] La mia politica è quella di esercitare la violenza con tutti i mezzi possibili, ivi compreso terroristici. Io distruggo le tribù africane con un fiume di sangue e denaro. Solo quando questa pulizia sarà completata, potrà emergere qualcosa di nuovo che resterà nel tempo”. Nel 1911 rimanevano in vita circa 15.000 persone, il 19% del popolo herero. Il Reich dei mille anni si avvicinava sempre più rapidamente.

Giorgio Berruto