STORIA Chi ha inventato Gerusalemme?

gerusalemmeSimon Sebag Montefiore / Gerusalemme. Biografia di una città / Mondadori

Prima di rispondere alle domande, Simon Sebag Montefiore mostra con orgoglio l’anello al dito con la scritta Yerushalaim, nome ebraico di Gerusalemme; poi lo stemma di famiglia, un Leone di Giudea, con la medesima scritta. Dice che le lettere che compongono la parola, che allude al Luogo dell’inizio e della fine dei tempi, sono incise pure sull’argenteria di casa. Nella modernità ebraica il cognome Montefiore fa rima con Gerusalemme. Fu sir Moses Montefiore (la regina Victoria lo chiamava “il nobile ebreo”) a costruire il primo quartiere per correligionari fuori dalle mura, nel 1860. Significava indurre gli ebrei a venire a Gerusalemme non solo per pregare in attesa del Messia, ma per viverci e lavorare pensando a un futuro laico. Simon Sebag Montefiore è discendente di sir Moses e uno storico celebre. Ora Mondadori pubblica Gerusalemme. Biografia di una città, sguardo intimo e amorevole, «né sionista né antisionista» precisa l’autore, sul luogo considerato capitale sia dagli israeliani che dai palestinesi, e che lui definisce «città mondo e al contempo polverosa città di provincia».

Perché una biografia e non una storia?

«Per mettere al centro della narrazione le persone, le famiglie, le comunità e non gli edifici. E poi Gerusalemme, nella Bibbia, viene presentata come una persona: talvolta principessa, altre volte puttana».

Gerusalemme è centrale nell’immaginario occidentale. Anche tra i non credenti. Perché?

«Per ragioni politiche. Re David vi fissò la capitale del suo Stato e ne consolidò il ruolo, costruendo il Tempio. Ma la vera ragione della sua centralità è la distruzione del Tempio per ben due volte, e quindi l’esilio. E nella diaspora che il popolo ebraico decise di preservare la memoria di Gerusalemme; una memoria che diventò parte dei Vangeli e quindi della cristianità».

Walter Benjamin direbbe che è la vittoria della memoria degli sconfitti.

«E’ così. La distruzione della città e del Tempio ha creato un misticismo apocalittico che l’ha trasformata in città santa».

Lei dà molto spazio alla narrazione di Flavio Giuseppe, comandante dei ribelli ebrei, passato dalla parte dei romani e autore della “Guerra giudaica”. Suggerisce che un traditore ha praticamente forgiato l’immagine che abbiamo fino a oggi dell’Apocalisse; nel suo racconto ci sono migliaia di persone crocifisse, cannibalismo, pazzia, gente cui viene squarciato il ventre in cerca dell’oro…

«Attenzione, Flavio Giuseppe era un po’ come me e lei: un ebreo laico che non sopportava gli zeloti, i fanatici e voleva la pace. E seriamente: era il più grande corrispondente di guerra nella storia dell’umanità. Amava Gerusalemme come nessun altro. Ed è vero, la sua narrazione (da traditore che non era traditore) ha creato l’identità ebraica moderna».

Oggi gli ebrei laici lasciano Gerusalemme per Tel Aviv. La parte ebraica della città è in mano ai fondamentalisti.

«Gerusalemme è sempre stata una città un po’ oscurantista. Basta leggere come ne parlano gli scrittori che l’hanno vista nell’Ottocento, da Gogol a Twain. Perfino gli Ottomani dicevano che non esisteva una città peggiore. Gerusalemme è sublime ma anche meschina, sciatta, crudele. E poi, il mondo sta diventando fondamentalista e così pure Gerusalemme».

La città come la conosciamo è un’invenzione. Dopo la guerra di Crimea, mentre l’impero Ottomano stava crollando, nella città, un paesino di pochi abitanti, arrivavano imperatori occidentali, granduchi russi, signori inglesi; facevano costruire chiese, conventi e fissavano la forma che hanno oggi i luoghi santi. Una spiritualità artificiale che però funziona. Come lo spiega?

«La santità è questione di tempo e intensità. La competizione tra le fedi rende tutto più sacro: è un paradosso delle religioni. Un altro paradosso è che coloro che volevano ricostruire la vecchia Gerusalemme sempre, fin dall’antichità, ne costruivano una nuova. Pensi a Erode e alla sua città bianca: in fondo è il layout della Gerusalemme odierna».

La sacralità cos’è?

«La sacralità, come la bellezza, è negli occhi di chi guarda. Ognuno ha un suo luogo preferito. Il mio è la Porta d’Oro».

Una porta sigillata, da cui secondo la tradizione entrerà il Messia. E il futuro laico, come lo vede?

«Con un po’ di volontà politica Gerusalemme può diventare la capitale di due stati: israeliano e palestinese. Per arrivarci occorre però il rispetto reciproco di tutte le narrazioni e di tutte le comunità. Io ho scritto questo libro per raccontare un po’ tutti; dagli ebrei ai cristiani, alle grandi famiglie musulmane che hanno innervato questa città».

Wlodek Goldkorn, Repubblica Robinson, 18 novembre 2018