Periscopio – Giornalisti liberi

lucreziHo già avuto modo, in passato, di parlare di Giuseppe Crimaldi, e del suo doppio ruolo di coraggioso giornalista e di strenuo difensore d’Israele, e di osservare come entrambe queste sue funzioni siano due facce di una medesima medaglia, ossia di uno stesso amore per la verità, il diritto, la giustizia. Parole, queste, che sembrano oggi, in tutto il mondo, alquanto passate di moda, e che proprio per questo appare necessario difendere, sia pure in controtendenza.
A volte la storia mette gli uomini giusti dalla parte dei perdenti, e allora si pone la scelta tra saltare sul carro dei vincitori (specialità nella quale gli italiani sono, notoriamente, campioni del mondo: uno dei pochi casi in cui uno stereotipo pare purtroppo vero) o resistere, e perdere. Alla fine del quarto secolo, il prefetto al pretorio Simmaco, dialogando col potentissimo vescovo di Milano, Ambrogio (che dava ordini all’imperatore romano come fosse il suo cameriere), chiedeva rispetto per la nobile, antica religione pagana, così come egli rispettava la nuova religione cristiana, e ricordava che al mondo non può esistere una sola verità. Ma Ambrogio gli rispose con parole sprezzanti: avere tante verità voleva dire non averne nessuna, gli dei pagani avevano perso, difenderli voleva dire perdere con loro, e chi si ostinava a farlo era, appunto, perduto. Simmaco non si piegò, scelse di morire da sconfitto, e proprio per questo resta un esempio luminoso di difensore della libertà e della dignità dell’uomo. Quanto ad Ambrogio, è ancora – e lo resterà per chi sa quanti millenni – santo protettore di una delle più importanti città del mondo, ma credo che ben pochi si ricordino cosa abbia detto e fatto. Fece, per esempio, uno dei suoi memorabili, come si dice a Napoli, “cazziatoni” all’imperatore Teodosio, per avere osato punire i cristiani cha avevano bruciato una sinagoga, ammazzandone gli adepti, e avere così mostrato di preferire, a suo dire, gli assassini di Cristo ai suoi seguaci. Ma che sarà mai, chi vince ha sempre ragione, Ambrogio, come si dice oggi, non era certo un ‘buonista’.
Ma torniamo a Crimaldi, di cui dobbiamo segnalare che è stato recentemente eletto, al congresso di Firenze degli scorsi 10 e 11 novembre, con un voto davvero ‘bulgaro’, alla guida della Federazione delle Associazioni Italia-Israele, l’organismo che unisce e coordina tutte le Associazioni volontarie operanti, in Italia, a difesa dello Stato ebraico, e che pare conoscere, in questi ultimi anni, un confortante momento di energia e vitalità.
Questa elezione va salutata, a mio giudizio, come un dato di grande importanza, perché esprime, secondo me, al di là degli indubbi meriti della persona – un dei più conosciuti e stimati giornalisti italiani, che fa da anni un duro lavoro di trincea nelle frontiere più degradate dell’hinterland partenopeo, e che per questo ha più volte pagato pesanti prezzi personali (ho già ricordato, per esempio, come, di recente, sia stato oggetto di un brutale pestaggio, in ragione del suo onesto lavoro) -, una linea di impegno che appare molto precisa, improntata a valori semplici e chiari: equilibrio, imparzialità, obiettività. Ci sono alcune persone, tra gli attivisti pro-Israele – pochi, ma non pochissimi -, a cui piace inveire e insultare, e che, all’amore per lo Stato ebraico, sembrano preferire l’odio per i suoi nemici di turno (soprattutto arabi e comunisti [termine inteso in senso assai lato: basta essere leggermente a sinistra di Mussolini]: fascisti e razzisti, chi sa perché, no). Crimaldi è il loro contrario, i suoi valori dichiarati sono quelli che ho dianzi ricordato. Secondo il clima corrente, avrebbe dovuto prendere zero voti. È stato scelto quasi all’unanimità. Una Federazione di ‘buonisti’?
Nel fare gli auguri al neo-Presidente, vorrei considerare questo significativo successo anche come un riconoscimento a una categoria professionale oggi pesantemente sotto attacco, alla quale anch’io mi onoro, da molti anni, di appartenere, che è quella dei giornalisti: un mestiere talmente oggetto, in molte parti del mondo, di costanti attacchi e denigrazioni, da essere diventato, per qualcuno, una professione degna solo di vergogna e disprezzo (come ha recentemente scritto, in un divertente ma amaro editoriale, Natalia Aspesi, le prostitute si saranno certamente offese ad essere state equiparate, da un importante politico nostrano, ai giornalisti). Tenuti al guinzaglio in Iran e in Arabia Saudita, incarcerati in Turchia, imbavagliati in Russia, additati come nemici del popolo in Italia, cacciati a pedate negli Stati Uniti, i liberi giornalisti sono oggi dovunque nel mirino dei potenti. Qualcuno, ricordando, come si dice, di “avere famiglia”, si piega a baciare la pantofola dei vincitori, offrendo i suoi servizi e la sua fedeltà, a basso prezzo. Qualcun altro (come, ai suoi tempi, Simmaco, che era, anch’egli, in fondo, un opinionista), ostinatamente, resiste.
Condividiamo con tutti questi Colleghi, che non si arrendono, dovunque siano, questa piccola, grande soddisfazione.

Francesco Lucrezi, storico