Controvento – Stadio
Un nonno ebreo che da giovane fu uno sportivo eclettico, affascinato dalla retorica atletica fascista, attore in un film pro-regime del 1934 e poi vittima delle epurazioni razziali, nonostante una conversione nel 1936, scopo matrimonio con una giovane di religione cattolica.
Un nipote nato nella famiglia ormai non più ebrea, che si scopre attratto dalle radici della cultura e della tradizione familiare.
Una profonda amicizia tra due generazioni lontane, che non hanno tabù a parlare di tutto, anche dei ricordi dolorosi del passato.
Quando nel 2007 Gianfranco Bondi, quasi centenario, muore, il nipote ne raccoglie l’eredità, trova documenti e fotografie in fondo ai cassetti che testimoniano l’esperienza di quegli anni: la gioventù spensierata negli anni ’30, e poi il licenziamento repentino dopo la promulgazione delle Leggi razziste, la fuga a Bagni di Lucca dopo l’armistizio, i mesi trascorsi in un nascondiglio procurato fortunosamente da un coraggioso prete amico, Don Francesco Giampaoli.
Alessio Argentieri, geologo, costituisce nel 2018 un fondo documentale a nome del nonno presso la Fondazione Museo della Shoah di Roma. Da qualche anno si era già messo a caccia del film, “Stadio – il film della vita solare della gioventù italiana”, che sembrava perduto, ma invece aspettava solo di essere ritrovato. È una storia sportiva, che potrebbe essere stata scritta oggi: il giovane atleta sviato dalla rigida ma sana disciplina sportiva per una vita di piaceri e frivolezze, che all’ultimo momento capisce i valori dello sport e porta fortunosamente la sua ex-squadra alla vittoria ai Littoriali di Torino. Il regista è Carlo Campogalliani che diventerà famoso con “Bellezze in bicicletta” e “Ursus”, gli attori sono studenti universitari che eccellono nello sport, tra cui Gianfranco.
“Il nonno – racconta Argentieri – aveva molto amato quell’ esperienza, e conservò per tutta la vita locandine del film, ritagli di giornale, foto di scena”. Ma del film non si trovava traccia. Finché Alessio, abituato dalla sua professione alle ricerche nel sottosuolo, non riuscì a scovarne una copia nella Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e la masterizzò su DVD.
Il film sarà proiettato il 5 dicembre alle 17.15 alla Casa del Cinema di Roma nell’ambito della rassegna “La conquista dell’impero e le leggi razziali”, quattro giorni di proiezioni e dibattiti, dal 4 al 7 dicembre, organizzata da Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e Istituto Luce – Cinecittà in collaborazione con Casa del Cinema, CSC – Cineteca Nazionale, Università di Roma Tor Vergata (www@aamod.it).
“Il nonno sarebbe felice di rivedersi sullo schermo” spiega Argentieri “conservava nonostante tutto un ricordo felice di quella esperienza e ne era fiero, amava parlarne”.
Non si è mai vergognato di essere stato affascinato dalla retorica fascista? “Mio nonno non era fascista. Era un ragazzo di famiglia benestante, che aveva potuto studiare e laurearsi in Giurisprudenza, campione di sci, che praticava il pugilato e correva in motocicletta, molto atletico, ed era attratto dall’immagine di una gioventù sana e forte che il primo fascismo propagandava, avendo intuito le potenzialità di diffusione delle idee tramite le discipline sportive. È importante ricordare che “Stadio” precedette di ben quattro anni il famoso “OLIMPYA” di Leni Riefenstahl. Probabilmente mio nonno sottovalutò gli altri messaggi del fascismo, ma ne pagò duramente le conseguenze”.
Perché ci tiene tanto a divulgare questa storia? “Perché credo serva a far luce su quel periodo, che non fu bianco e nero, i buoni di qui i cattivi di lì. All’inizio il fascismo fu attrattivo anche per molti ebrei, alcuni dei quali erano tra le camicie nere della prima ora; in un Italia sbandata dopo la devastazione della Prima Guerra Mondiale dava un’idea di modernità, efficienza, ordine, futuro. E purtroppo sembra che quell’esperienza non sia stata ancora oggi metabolizzata dal nostro Paese, in cui quel modello culturale viene riproposto, purtroppo con un certo successo, alle giovani generazioni del nuovo Millennio. Per mio nonno il tradimento fu duplice: fu tradito lui come cittadino italiano e furono tradite le idee in cui aveva creduto, seppur tiepidamente.”
Che effetto le fa vedere sullo schermo suo nonno che in qualche modo si fa complice dell’ideologia fascista? “Vedo la sua gioventù come una fase rappresentativa della vita di parte della società italiana dell’epoca, e della comunità ebraica in particolare. Mi affascina il valore storico della vicenda di “Stadio”, e avere l’opportunità di raccontarlo mi ha dato un senso di compiutezza e appagamento. Sento di aver raccolto il testimone lasciato da chi non c’è più, e aver finalmente terminato, attraverso le generazioni, un percorso rimasto in sospeso”.
Alessio Argentieri presenterà il film e racconterà la storia di suo nonno. “Sarà un momento emozionante, come riaverlo ancora con noi” sorride. “Era un uomo straordinario, che fino all’ultimo conservò humour entusiasmo e atleticità, che convivevano accanto a paure e manie cronicizzate che i traumi vissuti gli avevano indotto . Ma che si è goduto in buona salute il resto della sua lunga vita, nonostante tutto quello che dovette subire in gioventù -persino la riabilitazione e la brillante carriera nel dopoguerra di chi lo aveva licenziato applicando pedissequamente, e forse senza remore, una legge dello Stato ingiusta. Questa è un’appendice della storia che, ottant’anni dopo la promulgazione delle leggi razziali, meriterebbe secondo me di essere divulgata”.
Viviana Kasam