La cerimonia a Firenze
“Memoria, dovere di tutti”

Il coraggio di Suor Benedetta Pompignoli e della professoressa Nella Bichi, che nella Firenze sotto occupazione nazifascista si prodigarono per mettere in salvo Miranda Servi Cividalli e sua madre Pia Ajò Servi dagli aguzzini ha ottenuto l’alto riconoscimento dello Yad Vashem, il Memoriale della Shoah di Gerusalemme che ha inserito le due donne nel registro dei “Giusti tra le nazioni”.
Una emozionante cerimonia svoltasi ieri nella sinagoga fiorentina ha rappresentato il momento conclusivo di questo lavoro di Memoria e approfondimento storico. Pubblichiamo la testimonianza di Raffaele Favilli, intervenuto a nome dei famigliari della professoressa Bichi.

(Foto di Noemi Coen)

“Responsabili verso i giovani”

nellaL’occasione che mi viene data di parlare di una persona che mi è stata tanto cara, in una circostanza così straordinaria è davvero per me una grande gioia.
Ringrazio quindi la Comunità ebraica di Firenze e Sara Cividalli, a cui va il merito di aver ripreso e portato a compimento questa storia; io non conoscevo Sara e invece tramite Nella è diventata per me in breve tempo una cara amica.
Ero invece da tempo a conoscenza dello Yad Vashem e del suo compito di preservare la memoria dei milioni di vittime innocenti e anche di testimoniare che la giustizia e il bene non sono appannaggio di nessuna nazione, cultura o credo religioso ma possono attraversare tutte le nazioni, religioni e culture, non in astratto ma nell’azione di donne e uomini capaci di testimoniarli anche a rischio della propria vita.
Voglio adesso parlarvi brevemente di Nella, con cui ho passato tanto tempo soprattutto quando ero bambino e che mi raccontava molte cose. E fin da bambino a me e a mia sorella Silvia ha parlato della Shoah, senza nasconderci niente, dicendo quello che è difficile da dire – i vagoni piombati, i campi di sterminio, i forni, gli esperimenti – giudicando – Nella prendeva sul serio i bambini e parlava loro seriamente – che fosse troppo importante, anzi fondamentale, per le nuove generazioni capire e ricordare ciò che era avvenuto. Tutto questo senza che Nella facesse il minimo riferimento alla storia per cui siamo qui riuniti stamattina e che io ignoravo completamente fino ad un anno fa. E non credo che lo facesse per modestia, ma perché Nella era così … se è il momento di agire giustamente lo si fa, senza tante storie, anche a proprio rischio, appunto perché è giusto. Nella non era religiosa nel senso di un’adesione a una confessione (anzi pur avendo per tutte rispetto e ammirazione, qualche volta provava fastidio per certa devozione un po’ facile). Ma aveva un senso religioso della vita, credeva che la vita fosse una cosa seria, da prendere sul serio. Lei che amava tanto gli animali (e che mi ha insegnato ad amare gli animali – ma certo non posso parlare qui di tutto ciò che la Nella ha insegnato a me e a mia sorella in quei lunghi pomeriggi), lei che mi ha raccontato fin dalla tenerissima età che gli uomini discendono dalle scimmie (idea questa eccitante per un bambino, da quelle stesse scimmie evidentemente a cui portavamo assieme le noccioline al piccolo zoo delle Cascine) lei stessa a questa discendenza credeva, penso, ma fino ad un certo punto e riteneva che l’essere umano fosse chiamato ad altre ed alte responsabilità. Non so se Nella abbia avuto modo di incontrare Suor Benedetta assieme alla quale oggi la ricordiamo, ma se questo è accaduto sono certo che si sono facilmente capite.
Non vorrei però trasmettere l’immagine di una persona severa … no, Nella era straordinariamente allegra e divertente e soprattutto era una stupenda narratrice e questa è in realtà la qualità per cui io la ricordo di più. Accanto ai sui fantastici viaggi (i nomi che evocava – fossero Marrakech, Shiraz o la banchisa artica – hanno continuato a farmi sognare per tutta la vita) le fonti dei suoi racconti erano il più delle volte quelle della mitologia, dell’epica e della tragedia classica. Lei che conosceva gli originali in lingua greca me li raccontava in modo semplice e diretto, senza il minimo compiacimento intellettuale, nelle nostre passeggiate alle Cascine; erano storie vive, vere e impressionanti e ci commuovevamo assieme per il destino sventurato di un eroe, il dolore di un vecchio padre, l’amore di una regina; erano storie spesso terribili, violente e sanguinose, dominate dal senso dell’ineluttabile (e Nella lo sottolineava regolarmente, il Fato, la necessità a cui nessun essere, mortale o immortale, poteva sottrarsi) ma in cui comparivano certo anche il senso di giustizia, il coraggio, la compassione, l’amicizia. Come potete immaginarvi non ho più dimenticato quelle storie.
A distanza di così tanti anni ricevo, assieme a Giancarlo, a mia sorella e a mia madre e assieme a tutti i parenti e gli amici di Nella qui presenti, questo documento che attesta il coraggio e il senso di giustizia di questa persona a me così cara. Viene consegnato a me e alla mia famiglia, una famiglia per metà italiana e per metà tedesca e anche in questo deve entrarci in qualche modo Nella che aveva per la Germania, malgrado tutto, senza niente nascondere, per la Germania di Bach e Beethoven e delle persone semplici che vi aveva conosciuto, un grande amore che mi ha trasmesso. Apparteniamo ad una generazione che per fortuna non è gravata da sensi di colpa per ciò che accadde in quei tempi terribili; ma abbiamo una responsabilità particolare nel continuare a trasmettere alle generazioni che verranno la memoria di ciò che è avvenuto e anche il ricordo di coloro che tentarono, per dove potevano, di opporsi con coraggio a quell’orrore. È con questo sentimento e con immensa gratitudine per il suo operato che ringraziamo lo Yad Vashem per l’onore che oggi ci viene dato.
Vi ringrazio.

Raffaele Favilli

(Nelle immagini Nella Bichi e Pia Ajò Servi)

(27 novembre 2018)