Europa, modelli ebraici a confronto

Il futuro dell’ebraismo europeo, in un confronto serrato e stimolante che ha avuto molti esponenti italiani tra i suoi protagonisti. Si sono da poco conclusi i lavori del Third Summit of European Jewish Leadership a Praga, evento organizzato in occasione dei 50 anni dalla nascita dello European Council of Jewish Communities.
Significativa la delegazione italiana presente. Oltre alla Consigliera UCEI Sabrina Coen e agli esponenti ECJC Simone Mortara e Arturo Tedeschi, tra gli altri, la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, il copresidente della Comunità milanese Milo Hasbani, la presidente della Comunità fiorentina Daniela Misul, il segretario Emanuele Viterbo.
Leader e professionali si sono confrontati su diversi temi. A partire dal profilo che dovrà caratterizzare i leader comunitari del futuro: tra le qualità ritenute fondamentali dai partecipanti “abilità nel creare connessioni e relazioni usando reti di collaborazione, visione a lungo termine e lavoro per la sostenibilità comunitaria, innovazione, flessibilità e capacità adeguarsi ai tempi che cambiano”. Tra i diversi appuntamenti delle quattro giornate di incontro un panel sulla resilienza in cui i presidenti delle Comunità ebraiche di Leeds, Atene e Roma hanno condiviso con il pubblico la loro esperienza nel coinvolgere la comunità nella
definizione dei propri bisogni evidenziando i punti di forza e di debolezza. È seguita una sessione che ha preso in esame insieme ad una rappresentante della Commissione Europea le limitazioni di rituali ebraici, quali la shechità e la milà, da parte di alcuni governi europei.
Stimolante tra le altre la relazione di Micah Goodman, filosofo, scrittore e pensatore sulle sfide della tradizione ebraica nel ventunesimo secolo. Secondo Goodman “in questo mondo moderno dove i problemi dei più sono la solitudine, le distrazioni e la mancanza di connessione reale tra le persone, l’ebraismo tradizionale è la soluzione”. E il sionismo “la risposta universale alla questione ebraica”.
Quattro sessioni parallele hanno messo al centro i seguenti temi: “Chi deve condurre una comunità ebraica? il leader eletto democraticamente, il rabbino, il professionale o altre parti interessate? Come gestire il conflitto”; “La sicurezza nelle nostre organizzazioni: cosa fare mentre si aspetta l’attacco”; “Incontriamo i giovani ed impariamo come coinvolgerli nelle comunità”; “Si può essere quasi ebrei? A condurre quest’ultima la Consigliera Coen.
Tra gli ospiti del summit la professoressa Diana Pinto, che ha analizzato il mondo ebraico odierno nelle sue più drammatiche divisioni dal dopoguerra in Europa, America e Israele. Il profondo conflitto nel cercar di comprendere i valori fondamentali delle società democratiche, l’identità dei suoi nemici e il valore dei suoi alleati e la natura universale o particolare del suo messaggio ebraico. Una tensione esistenziale, ha spiegato Pinto, “che non ha risparmiato nessuna comunità dalla più piccola alla più grande, mentre continuano il loro quotidiano lavoro nel combattere l’antisemitismo, sostenere Israele e coltivare la resilienza”.
(28 novembre 2018)