La rimozione del passato

emanueleS. Levis Sullam, nella suo importante opera I carnefici italiani, Scene dal genocidio degli ebrei, 1943 – 1945, Milano, 2016, ebbe a formulare, giustamente, un’osservazione critica sulla legge istitutiva della Giornata della memoria (p. 118). Trattasi della legge 20 luglio 2000, n. 211, recante “Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”, la quale prevede che “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché’ coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”, senza troppo spendersi sui persecutori.
Sulla ricorrenza, Elena Loewenthal ha scritto Contro il Giorno della Memoria – Una riflessione sul rito del ricordo, la retorica della commemorazione, la condivisione del passato, Torino, 2014, dove si spiega come la letteratura, testarda, provi a cambiare il corso della storia.
Se affrontiamo, invece, in prosieguo, il versante legislativo, vedendole a ritroso, troviamo diverse leggi istitutive di Giornate della Memoria:
– per le vittime della strada (227/2017),
– dei Giusti dell’Umanità (212/2017), –
– vittime delle mafie (20/2017), –
vittime civili delle guerre (9/2017),
-vittime dell’immigrazione (45/2016) –
vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo (101/2011),
-vittime del terrorismo (56/2007)
-marinai scomparsi in mare (186/2002)
– in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati (l. 92/2004).
Ne consegue che il crimine per eccellenza nella Storia dell’umanità svanisce in mille rivoli e diventa, in fondo, eguale oppure paragonabile ad altri. E pensare che il popolo ebraico, quasi sempre sovrastato da nemici potentissimi, avendo fornito il mondo delle basi per costruire le loro fedi, si è dimostrato unico anche nella devastazione subita. Unicità nella sofferenza e nel male inflitto, unicità che, per contro, si smarrisce quando si tratta di prenderne atto.
Questo appiattimento, per cui sembrerebbe che, per la legge, morire gasati oppure travolti da un motorino pari siano, non basterà a dissuadere chi si è intestardito in una coazione a ripetere, chiamando a raccolta il mondo circostante, senza notare come quel mondo sia assai reattivo verso il passato e molto meno verso il presente. Tutto ciò rappresenta un gran sollievo per tutti, nella misura in cui libera dall’impegno di dire agli altri ciò che non vogliono sentire. La linea della maggior comodità, tuttavia, se si muove agevolmente nello spazio, conquistando platee e palcoscenici, si muove invece malamente nel tempo, man mano che all’ossequio formale si contrappone una equiparazione legislativa con ben altre sciagure. A ben vedere, la rimozione del presente è speculare alla rimozione del passato mediante la letteratura, perspicuamente evocata dalla Loewenthal.

Emanuele Calò, giurista

(4 dicembre 2018)