I Dialoghi di Primo Levi

È Dialoghi, un titolo al plurale, il tema della decima Lezione Primo Levi. Rinnovando una riuscita tradizione, Il Centro Ebraico Il Pitigliani l’ha proposta al pubblico romano in collaborazione con il Centro internazionale di studi Primo Levi. Relatore di questa lezione il direttore del centro, Fabio Levi, con letture di Francesca Rolli.
“Io sono uno che ha bisogno di comunicare molto, se non riesco a comunicare soffro, ho bisogno di parlare o scrivere, avere se possibile una comunicazione ad andata e ritorno” disse una volta il Testimone a una studentessa che lo intervistava. Un’affermazione che è stata il punto di partenza di alcune riflessioni.
“Se questo è un uomo – spiega Levi – uscì in prima edizione nel 1947. A ridosso dell’esperienza di Auschwitz il libro fu scritto per tutti e per nessuno in particolare. Quando nel ‘58 fu finalmente ripreso da Einaudi gli interlocutori vennero via via precisandosi: in primo luogo i tedeschi, cui fu destinata la traduzione uscita in Germania nel 1961. In secondo luogo i ragazzi delle scuole, con i quali il dialogo si sviluppò in forma sempre più intensa nel corso degli anni ‘60. Tutto questo però in un clima molto difficile. In genere il pubblico era distratto o, per varie ragioni, indifferente e restio all’ascolto; mostrava verso l’esperienza dei Lager incredulità e fastidio, tanto più se l’accento era posto, come pure era giusto che fosse, sull’annientamento degli ebrei”.
“In quel clima – osserva ancora – era segno di grande sensibilità non farsi prendere la mano e portare la propria testimonianza in forma equilibrata. Mi riferisco ad esempio alla decisione di Levi di respingere la richiesta avanzata dall’editore di premettere alla traduzione per la Germania un testo che avesse il tono dell’appello al popolo tedesco, della perorazione o del sermone. Al suo posto preferì fosse pubblicato un brano della lettera di ringraziamento che lui come autore aveva scritto al traduttore”.
“La vicenda è nota – sottolinea – ma forse può assumere un significato più generale. Del tono predicatorio l’autore non poteva accettare né il sovraccarico emotivo, né l’implicito atteggiamento di superiorità verso il lettore. Viceversa, avrebbero dovuto prevalere la chiarezza del discorso e lo scambio reciproco fra l’autore e i suoi lettori”.
“Per aver offerto un racconto in gran parte inedito, soprattutto per l’interlocutore tedesco – prosegue il relatore della Decima Lezione – Levi chiedeva una contropartita: di essere aiutato a ‘capire meglio i tedeschi’. Tenere a freno le emozioni dunque, e impedire al testimone di farsi protagonista unico e prevalente di un rapporto troppo squilibrato a sfavore dei destinatari del suo racconto; con un obiettivo preciso: per quanto possibile, togliere al Lager il potere che ancora rischiava di avere oltre la sua stessa esistenza, il potere cioè di far sentire debole, incapace e impotente chiunque provasse ad avvicinarglisi”.

(6 dicembre 2018)